Vuole produrre mascherine per il Friuli, ma la domanda è ferma in Prefettura

Un’azienda chiede a Fedriga di intervenire.

“L’azienda chiede soltanto una cosa: poter riaprire e mettersi a disposizione della collettività. In Prefettura pende un’istanza di riapertura e ci rivolgiamo alle istituzioni perché vengano in supporto”. A parlare è il consulente Simone Tutino, che a nome della Norton Srl di Cisterna di Coseano lancia un appello al presidente della Regione, Massimiliano Fedriga.

“Siamo pronti a consegnare al governatore del Fvg le chiavi dello stabilimento” aggiunge Tutino a nome di Franco Bellomo, l’imprenditore titolare della ditta friulana. La Norton, realtà impegnata nel confezionamento di calzature, prima del ‘lockdown’ si era riconvertita alla creazione di mascherine. Il primo quantitativo era già uscito dal sito di Cisterna, con una linea di cucitrici manuali importante: qui nascevano le ‘Scudo’, mascherine di cotone a due strati, lavabili fino a 20 volte e con tessuto antibatterico. Poi, il fermo produttivo e lo stop. “L’azienda ha anche cambiato il codice Ateco, per cominciare a produrre. L’intoppo – aggiunge Tutino – si è manifestato quando abbiamo partecipato al bando della Protezione civile per la fornitura di mascherine. Per noi era impossibile autocertificare la produzione di stoffa di dimensioni uguali o inferiori a 5 micron. Altre realtà produttive, invece, non hanno fatto altrettanto e sono rimaste aperte. E fa specie che le ‘sarte di paese’, per quanto encomiabili, producano senza che nessuno dica nulla. Alla Norton, invece, nessuna deroga”.

Il portavoce chiarisce che non si tratta di ‘business’: “Avevamo già scritto alle forze dell’ordine, prima del lockdown, per metterci a disposizione, creando dispositivi di protezione anche per loro. Si tratta di una funzione sociale, che noi intendiamo assolvere. Proprio per questo ci appelliamo nuovamente al presidente Fedriga: permetta alla fabbrica di riaprire. Bellomo e il suo staff sono pronti”. C’è anche un lato economico a pesare sulla vicenda: a casa ci sono 45 dipendenti Norton che chiedono soltanto di poter lavorare “senza gravare sullo Stato – conclude Tutino -. C’era la possibilità di assumerne altre 40. Il danno, insomma, è notevole”.