Luoghi del Cuore, ecco la classifica in Friuli Venezia Giulia

I Luoghi del Cuore in Friuli Venezia Giulia.

Sono stati annunciati oggi i vincitori de “I Luoghi del Cuore”, il censimento chiuso lo scorso 15 dicembre: con 1.500.638 voti raccolti nel 2022 per più di 38.800 luoghi il censimento si conferma la più importante campagna italiana di sensibilizzazione dei cittadini sul valore del patrimonio e sulla necessità di proteggerlo e valorizzarlo.

La classifica nazionale.

I primi luoghi in classifica nazionale sono: al 1° posto la Chiesetta di San Pietro dei Samari a Gallipoli (LE), piccolo edificio medievale immerso nella campagna salentina a meno di un chilometro dal mare, oggi a rischio di crollo, votato da 51.443 persone, più del doppio degli abitanti della cittadina pugliese.

Al 2° posto, con 32.271voti, il Museo dei Misteri di Campobasso, che per la prima volta nella storia del censimento porta il Molise sul podio con 32.271 voti, e dove si conservano gli “ingegni” su cui vengono issati i bambini vestiti da personaggi sacri durante l’annuale processione del Corpus Domini, dal Settecento ancora viva e sentita

Al 3° posto la Chiesa di San Giacomo della Vittoria ad Alessandria, colma di ex voto che testimoniano un’affezione storica della comunit à, ma ormai officiata solo saltuariamente e bisognosa di restauri. Sul podio ci sono dunque tre luoghi di culto e di devozione popolare, e ben 45 beni religiosi sono nelle prime 100 posizioni, a conferma del ruolo di fulcri della comunità che le chiese ancora rivestono nell’Italia “dei mille campanili”, ma anche campanello d’allarme per la tutela di un patrimonio, ingente e diffuso, di valore storico e artistico, oltre che sociale.

La classifica in Friuli Venezia Giulia.

Posizione in classifica regionalePosizione in classifica nazionale  VOTI  LUOGO DEL CUORE
13°15.593Il nostro Carso – Naš Kras, Trieste e Gorizia
75°4.073Santa Margherita del Gruagno, Moruzzo (UD)
139°1.973Villa Trento a Dolegnano, San Giovanni al Natisone (UD)
175°1.190Villa Ottelio Savorgnan, Rivignano Teor (UD)
196°931Bosco del Bovedo, Trieste
217°673Castello di Miramare e Parco, Trieste
  7°218°671Sentieri CAI 227-228 Piani di Vas, Chiampizzulon, Tuglia, Rigolato (UD)
255°471Diga del Vajont, Erto e Casso (PN)
308°337Tram di Opicina, Trieste
10°363°244Casso, Erto e Casso (PN)

Il nostro Carso – Naš Kras, Trieste e Gorizia

Pietra, roccia. Questo è il significato della radice di origine paleoindoeuropea “kar” o “karra”, che si cela dietro il nome italiano Carso, sloveno e croato Kras, friulano Cjars o tedesco Karst. Il Carso è un altopiano roccioso, suddiviso politicamente fra Italia (province di Gorizia e Trieste), Slovenia e Croazia. Il suo territorio si estende per 700 chilometri quadrati, annoverando diverse Riserve Naturali e aree protette, come a Doberdò del Lago (GO).

La sua principale caratteristica è la composizione calcarea delle rocce, che le rende permeabili all’acqua: un unicum al punto che, in tutto il mondo, aree con composizione del suolo simile sono denominate “zone carsiche” e fenomeni naturali di questo tipo sono definiti con il termine scientifico “carsismo”. La siccità e gli incendi che hanno colpito questa zona negli ultimi anni stanno trasformando via via l’altopiano in una pianura di sole rocce e con poca acqua, compromettendone la flora e la fauna. A luglio 2022 diversi incendi boschivi hanno coinvolto 406 ettari di carso italiano – nel territorio di Doberdò del Lago, in particolare nella frazione di Devetachi, limitrofa a quella in cui si trova la riserva – e 2.750 di quello sloveno. Per tre settimane, Italia e Slovenia, con le Istituzioni, i volontari della Protezione Civile, i Vigili del Fuoco e il Corpo Forestale, si sono dedicate all’ingente opera di spegnimento. A seguito del perdurare di questa emergenza e come risposta agli ultimi incendi, la Presidenza Regionale FAI Friuli Venezia Giulia e le Delegazioni friulane del FAI hanno deciso di promuovere la candidatura del “nostro Carso” al censimento “I Luoghi del Cuore”.

Santa Margherita del Gruagno, Moruzzo (UD)

Immerso nell’ultima cerchia delle colline moreniche, Santa Margherita del Gruagno è una piccola frazione nel Comune di Moruzzo, in provincia di Udine. In origine Groang, da cui deriva l’attuale nome della località, fu uno dei cinque castelli donati dall’imperatore di Germania Ottone II al Patriarca di Aquileia Rodoaldo nel giugno 983. Il borgo medievale prende il nome dalla Pieve di Santa Margherita ricostruita nel Settecento sul sacello dell’antica chiesa dedicata a Santa Sabina. All’interno sono conservati il Cristo Benedicente (Pantocrator) del secolo XIII, un’acquasantiera ascrivibile ai secoli XI-XII e una croce greca collocata nella parete dell’abside. Non rimangono resti del castello, mentre si conserva la cinta muraria della fortificazione con la torre porta e alcuni edifici rustici del borgo che mantengono in parte la propria struttura originaria. Chi ha promosso la raccolta voti per questo “Luogo del Cuore” vuole farne conoscere gli aspetti peculiari dal valore fortemente identitario. Santa Margherita del Gruagno rientra nella classifica speciale “I Borghi e i loro luoghi”.

Villa Trento a Dolegnano, San Giovanni al Natisone (UD)

Villa dei conti Trento, meglio conosciuta come Villa Trento, è una villa veneta situata a Dolegnano, nel Comune di San Giovanni al Natisone (UD). La famiglia dei conti Trento nel Settecento acquisì il feudo della Masarotte di Dolegano e vi edificò la dimora alla fine del secolo. Si tratta di una delle più maestose ville venete del Friuli, collocata ai piedi dell’Abbazia di Rosazzo (XI secolo) e avvolta dai Colli orientali friulani. Il corpo centrale si eleva su tre piani ed è affiancato da due ali rustiche laterali a due piani che cingono il cortile d’onore. Altri fabbricati di servizio occupano le parti a est della dimora, dove era integrata una cappella privata di famiglia. All’interno della villa si può ammirare un ampio salone centrale, decorato con stucchi e affreschi che raffigurano paesaggi dai motivi neoclassici, il quale si apre verso il grande parco. La villa è stata un luogo centrale nella storia di questa zona: ospitò Napoleone Bonaparte  e il re Vittorio Emanuele III, divenne ospedale militare della British Red Cross dal 1915 e sede del comando tedesco durante la Seconda Guerra Mondiale. La villa è stata il centro del paese fino agli anni ’60, quando la maggior parte degli abitanti lavoravano per i conti come coloni ed è un luogo a cui sono legate molte memorie della popolazione, motivo per cui è stata segnalata al censimento “I Luoghi del Cuore” 2022.

Villa Ottelio Savorgnan, Rivignano Teor (UD)

Villa Ottelio Savorgnan è sorta probabilmente nel XVII secolo dalla trasformazione di un preesistente castello duecentesco, eretto strategicamente su un’ansa del fiume Stella, importante bacino di risorgiva, e diventato intorno al 1339 proprietà del casato dei Savorgnan, potenti signori di Udine. I Savorgnan detenevano, per conto della Serenissima, il monopolio di sale, tabacco e altre merci e accanto alla villa vennero costruiti, probabilmente già nel Seicento, magazzini per lo stoccaggio del sale. La villa mescolava funzioni economiche e di delizia, tanto che fu dotata di un giardino terrazzato all’italiana tra la facciata e il fiume, oggi purtroppo scomparso, mentre esiste ancora un ampio parco all’inglese. Nel 1885 la villa passò agli Ottelio e nel 1986 fu acquistata dalla Regione Friuli Venezia Giulia, che ha eseguito un intervento di restauro negli anni Novanta. Dal 2015 è proprietà del Comune di Rivignano Teor. Uno studioso inglese ha recentemente ipotizzato che la vicenda storica trasformata da Shakespeare in Romeo e Giulietta si sia svolta a Villa Ottelio, tra due cugini della famiglia Savorgnan. Nel 2020 è stato il luogo in Friuli Venezia Giulia più votato al censimento “I Luoghi del Cuore”, Villa Ottelio Savorgnan racchiude duemila anni di storia, ma ora guarda anche al futuro. È iniziato infatti nel novembre 2022 il cantiere di consolidamento e restauro conservativo che la riporterà al suo antico splendore.  

Bosco del Bovedo, Trieste

Il Bosco del Bovedo è un bosco sul mare, situato tra Trieste e l’altipiano carsico. Questo sito è unico per una particolarissima associazione vegetale/animale. Qui convivono specie provenienti da tre diversi habitat: il rovere di Slavonia tipico della flora balcanica, l’erica alpina che è catalogata fra la flora europea e il cisto femmina, un arbusto caratteristico della macchia mediterranea. Il Bovedo comprende tre aree distinte. Sotto la strada Napoleonica si sviluppa il Bosco della salvia, caratterizzato dai calcari e da una flora di tipo Mediterraneo. Nel vallone freddo e umido di fondo valle continua a scorrere, in tempi di forte umidità, il rio Castisino, e la vegetazione comprende ancora il castagno e altri alberi di alto fusto. Qui nidifica il pettirosso, specie rara in riva al mare. L’ultima zona è davvero preziosa. Argille e acqua copiosa favoriscono la crescita di un raro bosco composto quasi esclusivamente da rovere, circondato da erica selvatica. Qui vivono oltre una cinquantina di specie di uccelli, e almeno dodici tra rettili e anfibi. Nonostante ricada nelle Zone di protezione speciale (Zps) istituite dall’Unione Europea, e sia attualmente tutelata dal Piano regolatore, l’integrità del bosco è minacciata dalla realizzazione di una cabinovia che dovrebbe collegare il Porto Vecchio con Bovedo e Opicina. Per preservarne l’importante valore naturalistico, il bosco è stato votato al censimento 2022.

Diga del Vajont, Erto e Casso (PN)

La Diga del Vajont è stata teatro della tragedia procurata dalla frana del monte Toc nel lago artificiale della diga il 9 ottobre 1963. La diga venne costruita negli anni tra il 1957 e il 1960 dall’ingegnere Carlo Semenza, nel territorio del comune di Erto e Casso. Ha una struttura ad arco (ossia possiede uno sbarramento delle acque di forma curvilinea) e ancora oggi è la quinta diga più alta del mondo. Il suo scopo principale era di fungere da serbatoio di regolazione per le acque del fiume Piave, del torrente Maè e del torrente Boite, sfruttando al massimo tutte le acque e i salti disponibili del fiume e dei suoi affluenti, e alimentare così piccole centrali idroelettriche nella zona attorno al bacino. Il bacino venne presto compromesso prima dalla frana del Lago di Pontesei e poi dalla frana che causò il disastro negli anni ’60.

Negli ultimi anni la memoria di questa tragedia ha generato frequenti visite guidate alla diga, oggi dell’ENEL. È inoltre stato allestito il museo del Vajont visitabile presso il Centro Visite del Parco Naturale delle Dolomiti Friulane di Erto e Casso e dal 2007 è stato aperto al pubblico il coronamento della diga. Si possono percorrere i primi venti metri di coronamento e osservare l’impressionante scenario della frana del Monte Toc e della valle sottostante Longarone, spazzata via in una notte. Quest’anno ricorre il sessantesimo anniversario della tragedia e la raccolta voti al censimento consente di riparlare della storia del Vajont e di raccontare le conseguenze che questo disastro ha causato sugli abitanti e sul territorio. La Diga del Vajont è inserita nella classifica speciale “I Borghi e i loro luoghi”.