L’analisi della Cgil Fvg sulla situazione del manifatturiero e della cassa integrazione.
Navigano a vista le aziende del manifatturiero Fvg, sospese tra le aspettative di ripresa sul mercato tedesco, le incognite sui dazi e un mercato interno che stenta a ripartire, stanti la perdita di potere d’acquisto di lavoratori e pensionati, le difficoltà dell’automotive e la frenata dell’edilizia privata.
Un quadro ancora di tenuta, ma carico di incertezze, come evidenziano le numerose richieste di cassa integrazione ordinaria, sebbene con livelli di utilizzo al momento piuttosto bassi. L’analisi è del segretario generale della Cgil Michele Piga, alla luce dell’andamento stabile del ricorso agli ammortizzatori. “Rispetto a gennaio – dichiara – riscontriamo una richiesta ancora sostenuta di Cigo, a fronte di una riduzione del ricorso a strumenti come la cassa straordinaria e la solidarietà, utilizzati per la gestione di crisi strutturali. Le ore autorizzate dall’Inps nel primo semestre sono state 8 milioni, dato in linea con il 2024. Il nostro osservatorio registra oltre 50 con ammortizzatori in corso, per una platea di almeno 8mila lavoratori coinvolti“.
I principali fronti di crisi aperti sono noti: su tutti la Flex e la Tirso a Trieste, e i loro 500 dipendenti in attesa di un acquirente (per Tirso con la scadenza ravvicinata di fine agosto, deadline per salvare lo stabilimento e i suoi 160 posti di lavoro), senza dimenticare le incertezze che incombono a macchia di leopardo sul comparto metalmeccanico, in particolare a Pordenone, che sconta, oltre alla congiuntura non facile di grandi aziende come Savio ed Electrolux, la perdurante frenata della rete di subfornitura più legata alla Germania. Va meglio nel legno, nell’industria chimica e della plastica e nell’agroalimentare, sebbene anche in questi settori non manchino le incognite.
In Friuli Venezia Giulia.
Prioritario, per la Cgil, il ruolo delle politiche industriali, con particolare riferimento al sostegno all’innovazione e alla formazione, “anche a livello regionale, dove va rilanciato il confronto su Manifattura 2030, al momento fermo, coinvolgendo fattivamente parti sociali, forze economiche, università e centri di ricerca”. Centrale, inoltre, il sostegno alla contrattazione, “anche di secondo livello e anche per quanto riguarda il rinnovo dei contratti pubblici, perché la difesa del potere d’acquisto dei salari, fortemente intaccato dall’inflazione, è uno strumento fondamentale di politica economica e di rilancio della domanda interna, ancora più strategica in una fase in cui la guerra commerciale tra Usa ed Ue e le tensioni geopolitiche rischiano di ridurre l’apporto dell’export”.
Le esportazioni.
La crescita del 3,7% delle esportazioni regionali nel secondo trimestre, per Piga, resta un segnale incoraggiante, ma riflette anche un’accelerazione legata al timore dei dazi. Anche alla luce di questa consapevolezza, per il segretario regionale della Cgil, si rafforza l’esigenza di rafforzare il nostro manifatturiero e di rendere più attrattivo il sistema regione “anche riprendendo in mano il piano di rilancio della portualità che era stato portato avanti dalla gestione D’Agostino, ponendo prima di tutto fine all’impasse creatasi sulla nomina del nuovo presidente”.
In Italia.
“La cassa integrazione ordinaria – commenta ancora Piga – è un ombrello che finora molte aziende hanno tenuto chiuso, ma l’autunno si profila difficile per il manifatturiero italiano: a confermarlo gli ultimi dati sulla produzione industriale, relativi a giugno, che parlano di una crescita italiana scesa al +0,2%, contro il 3,8% della Francia e l’1% della Spagna. Ad aggravare la preoccupazione la spada di Damocle dei dazi Usa e le difficoltà di comparti strategici come diversi segmenti della meccanica, la chimica e la filiera moda-abbigliamento, che a giugno ha fatto registrare una frenata dell’8%, sempre a livello nazionale”.