Sempre più imprese femminili e donne al vertice, ma in Fvg non è tutto rose e fiori

Donne e lavoro in Fvg.

Donne e lavoro, in Fvg il ritratto della situazione è in chiaroscuro. Se da un lato, infatti, ci sono numeri incoraggianti, dall’altro si evince che il gender gap non è stato ancora superato. In regione, infatti, le donne hanno minor tasso di disoccupazione e maggiore occupazione rispetto alla media italiana, ma il divario di genere nel mondo del lavoro si fa sentire.

Alla vigilia dell’8 marzo, il Centro Studi della Camera di Commercio di Pordenone e Udine ha rilasciato alcuni dati sull’imprenditoria femminile: crescono le società di capitale guidate da donne e crescono anche i ruoli esecutivi femminili nelle aziende del Friuli Venezia Giulia. Rispetto al 2021, il 2022 ha segnato un +4,5% di società di capitali femminili e addirittura un +9,1% rispetto al 2019: oggi ci sono dunque 4.021 società di capitale femminili, il 15,8% delle società di capitale registrate della regione. Anche a livello di ruoli esecutivi, come detto, si registra una lieve crescita, di 128 unità, tra 2021 e 2022: nel 2021 se ne contavano 31.935 e 32.063 nel 2022, di cui il 53,1% come socio o socio di capitale, il 37,8% come amministratore e il 9,2% in altre cariche.

“Un risultato interessante che ci arriva dall’analisi del nostro Centro Studi – commenta il presidente Camera di Commercio Pn-Ud Giovanni Da Pozzo –, significativo in particolare in un quadro di imprese femminili prevalentemente di piccole dimensioni e con pochissimi addetti. Il fatto che crescano ruoli esecutivi e forme giuridiche d’impresa più strutturata è un segnale di consolidamento e rafforzamento delle realtà esistenti, pur se in generale le imprese femminili della regione hanno registrato una flessione, anche se lievissima, nello stock totale (-0,4% nell’ultimo anno)”.

Le imprese femminili registrate al 31 dicembre 2022 in Friuli Venezia Giulia sono 22.028 (il 22,%% del totale delle 97.944 imprese registrate) di cui 10.741 nel territorio di Udine (48,8%), 5.559 in quello di Pordenone (25,2%), 2.222 a Gorizia (10,1%), 3.506 a Trieste (15,9%). La maggior parte di esse è di tipo individuale e conta ben 14.917 imprese, pari al 67,7% del totale di quelle femminili registrate (contro una media del 48,9% se si considerano le imprese non femminili).

Quasi un quarto delle imprese femminili registrate (22% del totale) opera nel settore del commercio, il 18,1% nei servizi alle famiglie (istruzione, sanità e assistenza sociale…), il 17% nei servizi alle imprese (informazione e comunicazione, attività immobiliari, attività professionali, scientifiche e tecniche…) e il 15,5% nel primario. Le restanti operano in attività dei servizi di alloggio e ristorazione (14%), nell’industria (7,1%), nelle costruzioni (2,9%) e nel trasporto e magazzinaggio (0,9%). Il valore aggiunto prodotto nel corso del 2021 dalle imprese femminili che in Fvg depositano i bilanci è di 761,4 milioni di euro. Producono cioè il 6,6% del valore aggiunto totale regionale.

Per quanto riguarda invece l’occupazione, il Fvg ha un tasso superiore alla media italiana: 60,2% (oltre 10 punti quello medio italiano). Nonostante ciò, il divario di genere c’è comunque: a livello italiano è di 17,7 punti percentuali, mentre in Fvg è di 14,2. Divario che in regione si fa più sentire a livello di tasso di disoccupazione: a livello italiano è pari a 1,9 punti percentuali, mentre in Fvg è di 3,1.

Ai dati della Camera di Commercio, si aggiungono quelli di Chiara Cristini e Alessandro Russo di Ires Fvg: guardando alle classi di età, il divario dei tassi di occupazione maschili e femminili tra i 25-34 anni è di 15,4 punti percentuali e si amplia ulteriormente nella fascia successiva dei 35-44enni, raggiungendo i 24,2 punti percentuali. Tra i motivi, rimane la difficoltà di gestire lavoro e famiglia.

Non solo: nel 2021 una donna su tre (33,9%) ha un lavoro a tempo parziale. Una quota inferiore rispetto al dato del 2018 (35,1%) ma che presenta un andamento crescente nell’ultimo triennio. Vale la pena ricordare come questa forma di orario non sia solo una soluzione di conciliazione dei tempi, ma sia anche involontaria e vada ad impattare sul livello di reddito, sulle opportunità di crescita professionale e, nel lungo periodo, anche sulle pensioni.

Sono inoltre più “precarie” degli uomini: la maggior parte delle assunzioni stagionali e intermittenti ha assorbito in maggioranza donne, mentre il lavoro a tempo indeterminato ha riguardato prevalentemente gli uomini (su 100 assunzioni di questa tipologia, l’incidenza femminile è del 38,5%). Infine, ancora poche le donne dirigenti: sono solo il 14,9% tra i livelli apicali, mentre poco più di una donna su quattro è un quadro (27,5%). E, se non bastasse, la differenza di retribuzione (su cui pesano ovviamente orario, contratto e settore) raggiunge il 35,5%.