Il lavoro manuale non piace più ai friulani, in 10 anni spariti più di 5mila artigiani

Dal 2012 al 2022 5200 artigiani in meno in Friuli Venezia Giulia.

“Vecchi” artigiani che chiudono per fare i dipendenti; giovani che, al lavoro manuale, non si avvicinano più: il Friuli, come l’Italia, registra una vera e propria fuga dal settore che, in dieci anni, ha comportato un calo di artigiani del 13,2 per cento.

Il dato arriva dell‘Ufficio Studi della Cgia di Mestre, su numeri Inps: dal 2012, il nostro Paese ha perso 325mila artigiani, pari al 17,4 per cento, una media di 4 punti percentuali più alta rispetto alla nostra regione, dove quindi la diminuzione è stata più contenuta.

“Sono ormai ridotte al lumicino le botteghe artigiane che ospitano calzolai, corniciai, fabbri, falegnami, fotografi, lavasecco, orologiai, pellettieri, riparatori di elettrodomestici e Tv, sarti,
tappezzieri, etc. Attività, nella stragrande maggioranza dei casi a conduzione familiare, che hanno contraddistinto la storia di molti quartieri, piazze e vie delle nostre città” cita lo studio della Cgia.

I numeri in Friuli.

Dal 2012 al 2022, la nostra regione è passata da 40.037 a 34.764 artigiani, con un calo pari al 13,2 per cento ossia 5.273 in meno. Il decremento più marcato si è registrato a Gorizia: dieci anni fa gli artigiani erano 3.549, nel 2022 erano 2.951, con un calo del 16,8 per cento pari a 598 unità.

Al secondo posto, invece, Pordenone dove sono andati persi 1.667 artigiani (il 14,9 per cento): erano 11.171, sono 9.504. Segue Udine con una diminuzione del 14,3 per cento ossia 2.832 unità (da 19.802 a 16.970). Trieste, invece, è il territorio che registra il calo più contenuto (il terzo più basso in Italia) con una perdita pari a solo 3,2 per cento ossia 176 unità (da 5.515 a 5.339).

Le cause della diminuzione degli artigiani.

Secondo la Cgia di Mestre, il decremento è dovuto al forte aumento dell’età media, provocato da un insufficiente ricambio generazionale, la feroce concorrenza esercitata dalla grande distribuzione e in questi ultimi anni anche dal commercio elettronico, il boom del costo degli affitti e delle tasse nazionali/locali. A questo si aggiunge il cambiamento nel comportamento dei consumatori, che hanno adottato la cultura dell’usa e getta e abbandonato l’acquisto dei prodotti fatti su misura.

Secondo l’Associazione, però, a pesare è anche la svalutazione del lavoro manuale, in cui l’artigianato è stato dipinto come un mondo residuale e gli istituti professionali come scuole di serie b. Al punto che molti imprenditori artigiani non riescono, appunto, a trovare giovani che vogliano lavorare nel settore.