A Friuli Doc vince la voglia di ripartire. E gli operatori promuovono l’organizzazione

Il weekend a Friuli Doc 2020.

Che non sarebbe stata l’edizione dei record lo aveva detto, senza troppa timidezza, l’assessore comunale ai Grandi eventi Maurizio Franz. “Quello che ci interessa è dare un segnale forte della volontà della città di ripartire e dire grazie agli udinesi per il senso di responsabilità con cui hanno affrontato questi difficili mesi di pandemia”, aveva annunciato. Ed in effetti a passeggiare per le aree dedicate al Friuli Doc non c’è quasi nulla di quello che ci saremmo aspettati dagli anni precedenti. Ma è così ed è anche la nuova impronta elegante che l’organizzazione vuole dare alla manifestazione. Più salotto e meno sagra, per dirla in breve.

Se questa formula avrà incontrato i favori del pubblico potremmo dirlo solo domani sera. Friuli Doc ha appena scaldato il motore in questa lunga maratona del fine settimana e gli aspetta il banco di prova più duro, che è quello della sicurezza. Intanto, però, a tracciare un primo bilancio della manifestazione, sono gli operatori, da anni presenti tra via Mercatovecchio e via Aquileia. “Tanti disagi, soprattutto per gli anziani che spesso devono fare i conti con le difficoltà legate all’utilizzo dell’app agli ingressi e gli spostamenti resi difficili a causa dei frequenti transennamenti”, dice la coppia di Mirena Morocutti e Nino Liperoti della ditta Mirandò, che dal 1995 propongo i dolci tipici della Carnia.

Ciononostante si dicono positivi. “La voglia di lavorare e contribuire a mantenere viva l’anima del friuli Doc è stata la spinta, per esserci anche quest’anno”, spiegano. Nello stand vicino al Duomo, Piergiorgio Lazzara, dell’antica macelleria sua omonima, da 11 anni presente alla festa, loda l’organizzazione. “L’amministrazione è perfetta. Si è fatto tutto il possibile. Gli stand sono distanziati, c’è il disinfettante per le mani e gli ingressi sono regolari. Ciò che scoraggia la gente, è la paura”, afferma.

Per Tradizione di Carnia, gestita da Corina Cortona, che da 8 anni porta i suoi cjarsons artigianali, “tutto sommato l’afflusso procede discretamente”. “Ci sarebbe stato bisogno di più organizzazione iniziale. Più indicazioni per poter girare con personale sul posto e cartelli avrebbero aiutato. Ma nonostante tutto, si nota l’impegno collettivo, non trascurabile in queste situazioni difficili”, aggiunge.

Con il sorriso, Adriana Mastellone, dell’azienda agricola Gianni Carpenedo analizza: “Non è la stessa cosa degli anni precedenti. Gli accessi regolati dai box penalizzano soprattutto per chi è anziano o decide di venire in bicicletta”. La descrive, infine, come “un’annata particolare e senza precedenti” Domini Albert e Cristina Plozzer della Domini Albert. Per loro “è un dovere esserci perché bisogna dare una continuità alla manifestazione. Spesso si fa sentire il malumore della gente, stufa dei controlli. In quest’edizione ci sono più giovani che passeggiano ma non acquistano”.