Il friulano salva le scuole, ma un comune su cinque non aderisce come minoranza

L’appello: iscrivete i vostri comuni a minoranza linguistica per salvare le scuole con pochi iscritti.

Le scuole e le classi che hanno pochi iscritti non si toccano, sempre che facciano parte della minoranza linguistica friulana. E in merito arriva l’appello del presidente dell’Assemblea della Comunità linguistica friulana (Aclif), Markus Maurmair: appellatevi alle norme sulle minoranza linguistiche. La battaglia identitaria per la salvaguardia della lenghe furlane continua ma non manca di contraddizioni.

Tredici anni fa quando il presidente della Repubblica fissò i limiti numerici in ogni scuola dove si indica quando una classe e una scuola ha troppi pochi iscritti per rimanere aperta. Ma, appunto questi parametri, possono essere superati nei comuni classificati di lingua friulana, autorizzando classi con un minimo di 10 allievi. Il problema è che su 215 comuni friulani 41 hanno ancora scuole a rischio perché non hanno ancora ufficializzare la loro appartenza linguistica alla comunità friulana. “Negli ultimi due anni molte comunità si sono trovate in difficoltà costringendo le istituzioni scolastiche a tagliare le classi, con conseguenti riduzioni dell’organico funzionale, e talvolta ad avviare un percorso che potrebbe portare alla chiusura di alcuni plessi”, spiega Maurmair.

La contraddizione del caso sta nel fatto che mentre un quinto dei comuni friulani non hanno aderito alla loro comunità linguistica, quelli del Veneto continuano a farne richiesta. Tre sono state già autorizzate e altre sono in corso. Tra i Comuni friulanofoni veneti c’è Teglio Veneto che ha chiesto la deroga appellandosi alla « tutela delle minoranze linguistiche dalla provincia di Venezia ai sensi della legge 482/1999. E a riguardo il presidente Maurmair presenta il caso limite. È quello “di Sesto al Reghena, dove per il secondo anno alcuni studenti di Sesto migreranno verso le scuole di Cinto Caomaggiore, in Veneto”.