L’inarrestabile flusso della rotta balcanica, in Fvg arrivi raddoppiati rispetto al 2019

Gli arrivi dalla rotta balcanica in Fvg

 Gli arrivi di migranti in Fvg lungo la rotta balcanica non solo hanno raggiunto, ma hanno quasi doppiato quelli dell’epoca pre-covid: rispetto al 2019, infatti, il 2022 ha registrato un + 92 per cento di ingressi.

Il dato è stato riportato oggi dall’assessore regionale all’immigrazione Pierpaolo Roberti, che ha incontrato il sindaco, Linda Tomasinsig, e la giunta di Gradisca d’Isonzo, dove sorge il Cara che si trova in situazione di sovraffollamento. “Pragmaticamente – ha detto -, la Regione è pronta a erogare al Comune 250mila euro per rafforzare il sistema di illuminazione cittadino e gli apparati di telesorveglianza con delle nuove telecamere per coprire il controllo in particolare nella zona del Cara. Inoltre, stiamo lavorando, nell’ambito della nuova legge sull’immigrazione, per un ulteriore stanziamento al fine di aiutare l’amministrazione comunale ad affrontare il disagio e il degrado causati dall’attuale impatto numerico della presenza di immigrati a Gradisca”.

“I numeri parlano chiaro – ha aggiunto -: più 92 per cento di ingressi in Friuli Venezia Giulia nel 2022 rispetto al 2019. Un confronto che rappresenta delle cifre ormai ingestibili, anche alla luce dei bandi andati deserti indetti dalle prefetture per ampliare le strutture d’accoglienza”.

Secondo l’assessore va quindi sottoposto al Governo nazionale il problema, guardando a quanto fatto nel 2019 nei termini di una riattivazione dei respingimenti e delle riammissioni con la Slovenia, “replicando lo stesso metodo applicato dalla Francia al confine con l’Italia”. L’assessore si è poi detto contrario all’allargamento dell’accoglienza diffusa e ha sottolineato come il Governo debba approfittare del probabile calo degli arrivi a causa della stagione fredda per riorganizzare l’intero sistema di accoglienza sul territorio in vista della primavera “periodo nel quale ritornerà la pressione dei flussi provenienti dalla rotta balcanica e dal Canale di Sicilia. Una pressione – ha concluso Roberti – che non dovremo subire passivamente, ma che dovrà essere gestiva in maniera più restrittiva“.