Il primo lockdown 2 anni fa, l’annuncio che cambiò il nostro modo di vivere in Fvg

Il primo lockdown il 9 marzo 2020.

Era il 9 marzo 2020, esattamente due anni fa. L’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava l’inizio, a partire dal giorno successivo, del primo lockdown per la pandemia da Covid-19. Le nostre vite in Friuli Venezia Giulia cambiarono improvvisamente. Vennero meno molte delle certezze che avevamo. Rappresentò l’inizio delle misure strettissime a cui poi ci dovemmo abituare mese dopo mese. Sono passati ormai due anni da quel giorno, tra riaperture, chiusure e tanti momenti di incertezza. Ma il ricordo di quei giorni, per molti chiusi in casa, resterà indelebile.

Tra il 7 e l’8 marzo, avevano già subito la limitazione dei movimenti in entrata, in uscita e all’interno dei territori. Ma per cercare di frenare la crescente diffusione del virus, dal 9 marzo si estende la cosiddetta zona rossa a tutta Italia. Si poteva uscire solo se in possesso di un’autocertificazione per andare al lavoro, per fare la spesa, per motivi di salute. Tutto il resto – scuole, negozi, ristoranti, qualsiasi tipo di evento pubblico – chiude. L’Italia è il primo Paese occidentale ad adottare misure restrittive di tale portata. L’11 marzo l’Oms dichiara ufficialmente lo stato di pandemia; nel resto del mondo sono già 165 i Paesi in cui si registrano contagi. Seguendo l’esempio italiano, molti Stati europei iniziano ad adottare misure sempre più rigorose. Il 17 marzo l’UE chiude le frontiere.

L’annuncio delle nuove restrizioni.

Ma va peggio il 22 marzo, quando il premier Conte annuncia nuove restrizioni. Chiudono anche le aziende, quasi tutte, restano aperti solo alimentari, farmacie e i servizi essenziali. Non sono più permessi gli spostamenti da un Comune all’altro, se non per comprovate necessità. La chiusura, che deve durare fino al 3 aprile, viene poi spostata al 13 aprile, e infine al 3 maggio. Dal 14 però riaprono in alcune regioni librerie, cartolerie e negozi di abbigliamento per bambini.

Gli italiani trascorrono Pasqua e Pasquetta chiusi in casa, ma sono tanti quelli che non rispettano le restrizioni: solo il giorno di Pasqua le forze dell’ordine emettono quasi 14 mila sanzioni. Il 26 aprile Conte annuncia l’inizio della fase 2 a partire dal 4 maggio, con la riapertura delle attività produttive (per i negozi si aspetterà fino al 18). Ovviamente distanziamento sociale e divieto di assembramenti sono le parole chiave di questa nuova fase.

Dal 16 maggio ci si può spostare senza autocertificazione, ma non tra le Regioni (per quello si dovrà aspettare al 3 giugno). Riaprono bar, ristoranti, negozi, perfino le Chiese. La situazione, dopo la prima ondata della pandemia, sembra risollevarsi, e l’11 giugno viene dichiarato l’inizio della fase 3: riaprono i centri estivi per bambini, le sale giochi, le sale scommesse, i centri benessere, i centri culturali e sociali. Dal 15 giugno è il turno di cinema e teatri, ripartono gli spettacoli aperti al pubblico e i concerti. Riprende lo sport professionistico e il 20 giugno anche la Serie A, dopo 100 giorni dall’ultima partita giocata. Queste misure vengono prorogate prima fino alla fine di luglio, poi al 7 settembre e infine al 7 ottobre.

Iniziano però a sorgere polemiche intorno agli assembramenti nelle discoteche, dopo foto e video diffusi sui social di piste da ballo piene. Dal 16 agosto tornano, perciò, le prime restrizioni e tutte le discoteche chiudono. Settembre però vede la riapertura ufficiale delle scuole, con calendari diversi a seconda delle regioni e nuove regolamentazioni per cercare di limitare l’aumento dei contagi.