Il Friuli è una regione di solitari, il 40 per cento della popolazione vive solo

L’indice di solitudine in Friuli.

Si vive da soli per scelta o per necessità: certo, non sempre è un male (come si dice, meglio soli che mal accompagnati), ma è necessario anche ricordare che le statistiche mostrano come la felicità delle persone dipenda anche dalle sue reti di relazioni sociali; in Friuli, però, ci sono tanti “single”: a dirlo è l’Indice di solitudine redatto da Il Sole 24 Ore che ha analizzato, in base ai dati Istat, la presenza di nuclei familiari unipersonali nelle città dello stivale.

Dal rapporto, risulta che nella nostra regione il 40 per cento dei residenti vive da solo e tutti e quattro gli ex capoluoghi di provincia hanno valori superiori alla media italiana. Se nel Paese, infatti, le persone che vivono sole sono il 33,4 per cento, a Trieste sono ben il 48,6 per cento, quasi la metà dei cittadini.

Segue Gorizia con il 41,5 per cento (12esima in Italia), poi Udine con il 39 per cento (28esima) e infine Pordenone dove la situazione è migliore: “solo” il 34,6 per cento dei nuclei familiari è unipersonale (72esimo a livello nazionale). Se da un lato potrebbe sembrare abbastanza logico dato che il Fvg è una regione con molti anziani e quindi statisticamente con più vedovi e vedove, il dato che sorprende è un altro.

Il capoluogo di regione, infatti, è quarto in Italia per quanto riguarda gli anziani che vivono soli, ma è primo per percentuale di adulti (tra i 45 e i 64 anni) “single” (incidenza del 27,1 per cento) e secondo per giovani fino ai 45 anni soli, con una incidenza del 12,4 per cento.

A pesare, in questo caso, sono anche gli spostamenti per motivi di studio e di lavoro, ma allo stesso tempo aumentano anche le famiglie separate. A livello nazionale, le persone sole sono soprattutto donne (il 56%); il 39,8 per cento dei “solitari” è celibe o nubile mentre il 23,3 è separato o divorziato e il 36,9 per cento vedovo/a

L’aumento dei nuclei unipersonali ha delle ricadute anche sociali ed economiche: il carovita, infatti, pesa di più sui “single” che non possono attuare economie di scala; di contro, invece, le misure di sostegno pubbliche vanno spesso a vantaggio dei nuclei più numerosi.