L’uomo ha lanciato un petardo in curva allo stadio Bottecchia di Pordenone.
Le indagini sull’esplosione del petardo che ha seminato il panico allo stadio Bottecchia di Pordenone durante l’ultima giornata di campionato hanno portato a un primo risultato: gli investigatori hanno identificato il presunto responsabile, un uomo noto per aver frequentato in passato gli ambienti degli ultrà.
Nonostante l’assenza di telecamere all’interno dell’impianto sportivo – un ostacolo significativo per la Digos – l’uomo è stato riconosciuto grazie a una serie di testimonianze raccolte sul posto, incluse quelle dei feriti. La sua posizione è ora sotto esame da parte degli inquirenti.
L’episodio, avvenuto al 20° minuto del match tra Pordenone e Unione Smt, ha trasformato un pomeriggio di festa in un incubo. L’ordigno artigianale – una bomba carta – è stato lanciato verso la barriera trasparente che separa gli spalti dal campo: l’esplosione ha mandato in frantumi il vetro, colpendo con le schegge alcune persone a bordo campo.
Quattro spettatori feriti, una donna in ospedale
Quattro i feriti, tra cui un minore. La più colpita è una donna di 68 anni, che ha riportato lesioni giudicate guaribili in 14 giorni. Nessuna delle vittime, al momento, ha sporto denuncia.
L’uomo individuato potrebbe ora rispondere di lesioni personali, disturbo a manifestazioni sportive e potrebbe incorrere in un Daspo, il divieto di accesso alle competizioni sportive. La durata sarà stabilita in base alla gravità del gesto. La società calcistica, da parte sua, rischia sanzioni per responsabilità oggettiva: si va dalla disputa di gare a porte chiuse all’interdizione di alcuni settori dello stadio, fino a sanzioni economiche anche pesanti.