Sempre più vecchi e più poveri: le sfide da affrontare per il Friuli Venezia Giulia

Povertà e invecchiamento due grandi sfide per il Friuli Venezia Giulia.

L’inasprimento delle difficoltà economiche e del disagio sociale è un fenomeno che investe in pieno anche il Friuli Venezia Giulia, dove l’8,5% delle famiglie versa in condizioni di povertà relativa. È un trend che continua a peggiorare e che assume forme più o meno gravi a seconda delle tipologie familiari, delle condizioni occupazionali, dei livelli di istruzione e della disomogeneità della rete di servizi di welfare nelle diverse aree della regione.

A peggiorare il quadro la recrudescenza dell’inflazione, che erode il potere di acquisto, la diffusione della precarietà, la denatalità e l’invecchiamento demografico, l’abbandono scolastico. Si aggravano pertanto i rischi di emarginazione, di distanziamento sociale, di esclusione da livelli adeguati di assistenza socio-sanitaria. In questo scenario, il terzo settore rappresenta una risorsa indispensabile per avviare un progetto concertato e condiviso di rinnovamento e rafforzamento del sistema di welfare del Friuli Venezia Giulia.

I numeri del terzo settore.

È il grido d’allarme e l’appello che lancia, con il suo portavoce Marco Iob, il Forum del Terzo settore, in un documento inviato ai candidati alla presidenza della Regione. Realtà estremamente articolata, che va dal sistema socio-sanitario all’inserimento occupazionale dei disabili, dall’ambito educativo, culturale e sportivo alla cooperazione, dall’accoglienza dei migranti alle politiche per la casa.

Il terzo settore è costituito in regione da 11.004 Istituzioni non profit con 20.260 addetti, 1.237 organizzazione del volontariato con quasi 170mila tra soci e attivisti, 1.251 Aps, 207 cooperative e 112 imprese sociali. Si tratta di un comparto il cui peso economico è fortemente cresciuto anche nel post-Covid, ma che non si considera un mero fornitore di servizi, “o peggio di manodopera sottopagata rispetto ai valori di mercato”.

Il terzo settore, infatti, punta a essere un partner attivo di un progetto di rinnovamento e rafforzamento del welfare, volto a “salvaguardare e rafforzare la coesione sociale, a partire dallo sviluppo di comunità locali solidali e sostenibili”, attraverso l’avvio di una politica di “amministrazione condivisa, intesa come uno strumento che permetta di creare un’alleanza tra Regione, enti locali e terzo settore per una corretta programmazione delle politiche socio-sanitarie, a partire da un utilizzo onesto ed efficace delle ingenti risorse connesse al Pnrr”.

Una regia condivisa.

Gli strumenti per farlo esistono già, rimarca il Forum, e sono previsti dal Codice del Terzo settore, in base al quale le pubbliche amministrazioni sono tenute ad assicurare il coinvolgimento attivo del privato sociale e delle sue rappresentanze. Un metodo di collaborazione che deve essere “accompagnato da fiducia reciproca, capacità di comprensione e obiettivi condivisi“, con una svolta radicale quindi rispetto alla logica seguita finora.

“A tutt’oggi – si legge infatti nel documento – riscontriamo che la collaborazione con la Pubblica Amministrazione è stata impostata incoraggiando la competizione tra gli Enti del terzo settore, in particolare con la logica dei bandi. Mai come ora serve quel cambio di passo prima di tutto culturale e poi amministrativo che, al posto della competizione, vede nella collaborazione il principio guida da seguire”. Da qui l’appello a chi governerà la Regione: “Le politiche di sostegno e raccordo con il terzo settore  troveranno una migliore risposta e una maggior efficacia se condivise dal basso. Si auspica pertanto un positivo dialogo tra Amministrazione regionale e il Forum, che è stato riconosciuto come organismo più rappresentativo del terzo settore, concorrendo a costruire insieme un sistema di rappresentanze efficace e davvero rappresentativo del mondo della solidarietà organizzata”.

Tra gli strumenti che dovranno suggellare l’avvio di una nuova stagione di cooperazione anche il varo di un disegno di legge sulla partecipazione popolare, «che ridefinisca in modo trasparente e condiviso il sistema di rappresentanze, con l’istituzione del Consiglio regionale del Terzo Settore».

Un welfare di comunità.

Sul terreno delle politiche socio-sanitarie e assistenziali, il Forum lancia la sfida di un nuovo “welfare di comunità”, capace di “individuare e intercettare la popolazione con problemi di fragilità e riuscire a seguirla anticipando la caduta in forme di povertà ed emarginazione più gravi, promuovendo nel contempo la partecipazione attiva dei cittadini come supporto e contrasto all’isolamento”.

Non più un welfare basato sulla mera risposta alla domanda di cure, assistenza e protezione, quindi, ma un modello capace di prevenire e contrastare le criticità, promuovendo le relazioni, la partecipazione attiva dei cittadini, del privato sociale e del volontariato, attraverso il varo condiviso di un Piano sociale Fvg, dando attuazione alla legge regionale sull’invecchiamento attivo, valorizzando “le tante buone prassi che il Terzo Settore è stato in grado di esprimere anche nelle situazioni di massima criticità e di emergenza“, introducendo nuove figure come l’animatore di comunità. I fondi per il sociale, in questa ottica, non devono essere considerati alla stregua di una più spesa improduttiva o destinata a mero assistenzialismo, ma come un investimento strettamente legato alla qualità del vivere e in grado di contribuire a dare maggiore solidità all’intero sistema regionale. “Ciò è realizzabile – si legge nelle conclusioni del documento – in un sistema di comunità basato sulla solidarietà, sulla coesione sociale e sul contrasto alle disuguaglianze”.