La carenza di lavoratori a causa del calo demografico.
In Italia, la carenza di lavoratori raggiungerà i 3milioni di unità entro dieci anni: a disegnare un quadro allarmante, è il report della Cgia di Mestre secondo il quale, tra calo demografico e progressivo invecchiamento della popolazione (quindi più pensionamenti), entro il 2035 il Paese perderà 2,908mila persone in età lavorativa, tra i 15 e i 64 anni.
La carenza di lavoratori in Friuli Venezia Giulia.
Il calo della forza lavoro, secondo l’analisi, si farà sentire in tutte le regioni e in tutte le 107 province italiane. Il Friuli Venezia Giulia, quindi, non fa eccezione. E a pagare le conseguenze più pesanti, secondo l’associazione di categoria, saranno soprattutto le piccole e medie imprese che non sono in grado di offrire i benefit delle grandi, per attirare forza lavoro.
Entrando nello specifico della nostra regione, la Cgia stima una perdita di lavoratori in dieci anni pari a 50mila unità: dai 737.847 abitanti in età lavorativa attuali, ai 687.984 nel 2035, un decremento di 49.863 unità, ossia il – 6,8% (ma la media italiana è più alta e raggiunge il 7,8%).
Il prezzo più salato sarà a carico della provincia di Udine che in 10 anni vedrà calare la forza lavoro del 9.6%, la percentuale più alta in regione (45° a livello nazionale): si traduce in una diminuzione di 30.506 abitanti tra i 15 e i 64 anni (da 316.385 a 285.879). Il decremento sarà meno accentuato a Gorizia, Trieste e Pordenone, che perderanno rispettivamente il 5,5; il 4,7 e il 4,1% dei residenti in età lavorativa.
Le conseguenze dell’invecchiamento.
Il combinato tra declino demografico, transizione energetica e digitale e instabilità geopolitica potrebbe colpire duramente il sistema produttivo italiano, e il Friuli Venezia Giulia non farà eccezione. Secondo l’analisi della CGIA di Mestre, la difficoltà – già oggi evidente – nel reperire giovani lavoratori da inserire nelle filiere artigiane, industriali e commerciali è destinata ad aggravarsi nei prossimi anni. Chi confida in una rapida inversione del trend demografico rischia di rimanere deluso: non esistono soluzioni in grado di cambiare rotta nel breve periodo. E nemmeno il ricorso alla manodopera straniera sarà sufficiente a colmare i vuoti lasciati dall’invecchiamento della forza lavoro.
Le conseguenze si faranno sentire anche sul piano macroeconomico: ci si dovrà confrontare con un rallentamento della crescita del Pil e con un aumento significativo della spesa pubblica, in particolare per pensioni, sanità, farmaci e assistenza. Una popolazione sempre più anziana e con una quota crescente di over 65 metterà a dura prova l’equilibrio dei conti pubblici.
Le implicazioni saranno pesanti anche per alcuni settori chiave dell’economia, che potrebbero subire un ridimensionamento strutturale. La CGIA avverte che il calo della popolazione giovane – più propensa al consumo – ridurrà il volume d’affari in ambiti come il mercato immobiliare, la mobilità privata, la moda, i viaggi e l’ospitalità.