Giovani sempre più in difficoltà in Fvg, l’allarme della Caritas

La situazione dei giovani in Fvg.

Alla base dei problemi economici e della povertà ci sono disagi di tipo relazionale, che affondano le radici del loro disagio in storie familiari complesse e multiproblematiche. Questo è quanto emerge dal rapporto “Tra fragilità e resilienza. Famiglie, giovani e comunità“, realizzato dalle quattro Caritas diocesane del Friuli Venezia Giulia, Udine, Pordenone, Gorizia e Trieste. Nel documento si è data particolare attenzione ai problemi emersi durante i colloqui nei Centri di Ascolto, all’impatto che la pandemia ha causato nelle famiglie e alle motivazioni della povertà dei giovani adulti.

Durante il 2019, sono stati 3.328 i nuclei famigliari che si sono rivolti ai Centri di Ascolto diocesani di Udine, Pordenone, Gorizia e Trieste. La maggior parte, 1.080, sono maschi stranieri, mentre 952 sono le donne straniere che sono state ascoltate. Non sono mancati gli italiani: 674 maschi e 622 femmine.

I problemi evidenziati.

Nel Centro di Ascolto diocesano di Udine, le persone ascoltate sono state 1.087. I maschi sono il 55,75% e le femmine sono il 44,25% dell’utenza. Se tra gli stranieri la componente maschile e femminile è quasi paritaria, 54,05% gli uomini e 45,95% le donne, l’incidenza si differenzia nella componente italiana, dove i maschi sono il 62,85% del totale. La divisione per fasce di età evidenzia una ripartizione piuttosto equilibrata. Il 42,87% si trova nella fascia 18-40 anni, mentre nella fascia tra i 41-60 anni si collocano il 41,77% delle persone ascoltate. L’analisi delle problematiche, riporta che il 94,43% presenta problematiche economiche. L’80,89% dell’utenza presenta problematiche lavorative, il 72,14% del totale risulta averne attinenti all’immigrazione. Infine i bisogni abitativi includono il 66,88% delle persone.

A Pordenone il genere delle persone ascoltate è fortemente influenzato dalla presenza di migranti. La maggior parte provenienti da Afghanistan e Pakistan e per il 61,97% tra i 18 e i 40 anni. Nel corso del 2019, infatti, il centro ha rappresentato la principale porta di accesso per individuare risposte alle situazioni di persone senza alloggio presenti sul territorio. Gli Italiani rappresentano il 18,62% delle persone ascoltate, con una predominanza del genere maschile. L’analisi dei bisogni evidenzia come povertà e difficoltà economiche, 62,77%, lavoro, 47,61%, e bisogni relativi all’immigrazione, 43,09%, siano quelli maggiormente rilevati fra l’utenza.

Il Centro di Ascolto diocesano di Gorizia ha incontrato 239 persone, con un incremento di circa il 16% rispetto all’anno precedente. Le donne che si sono presentate al Centro rappresentano il 43,51% del totale. Come negli anni precedenti, la componente maggiore è rappresentata dalle persone di nazionalità italiana, 140 in totale per un’incidenza del 58,58%. L’età delle persone che si sono rivolte al centro si colloca per il 51,22% nella fascia compresa tra i 40 e i 60 anni, per coloro di età superiore ai 60 anni la presenza è maggiormente italiana. L’analisi dei bisogni rilevati evidenzia come il 76,15% delle persone presenta problematiche di tipo economico. Il 46,44% evidenzia bisogni legati alla sfera lavorativa di cui il 57% evidenzia problemi di disoccupazione. Nel 12,55% dei casi sono riportate problematiche famigliari che fanno quasi completamente riferimento alla condizione di separazione e divorzio.

Sono 817 invece le persone che si sono rivolte al Centro di Ascolto di Trieste. Gli italiani sono infatti il 57,58% del totale delle persone ascoltate, con un’incidenza ancora più alta rispetto al 54% circa di italiani dell’anno precedente. Le donne nel complesso sono state il 52,26% per cui in aumento, seppur minimo, rispetto al 51,53% del 2018 e al 51,17% del 2017. Presenza significativa delle persone di età compresa tra i 41 e i 60 anni, il 47,98%. Il 67,93% delle persone presenta bisogni riferiti ad aspetti economici a cui seguono le problematiche occupazionali e lavorative, con il 37,82%, e le problematiche di salute, 30,23%.

L’impatto del Covid.

Soltanto dopo l’inizio dell’emergenza sanitaria, un numero considerevole di persone si sono rivolte per la prima volta ai servizi della Caritas, per un totale di 599 nuovi accessi ai servizi della rete Caritas. Si tratta di nuove situazioni d’impoverimento, di povertà assolute causate della pandemia e dalle relative conseguenze economiche. Si è evidenziato quindi una notevole crescita della richiesta di beni alimentari. In particolare si rileva un incremento dell’85% della richiesta di generi alimentari presso le Caritas parrocchiali e le Caritas diocesane. Anche gli Empori della Solidarietà presenti nel territorio della regione hanno registrato un incremento del 42% delle famiglie che hanno avuto accesso al servizio. Per concludere l’analisi bisogna rilevare anche un incremento del 13,5% delle richieste di sussidi da parte delle famiglie: erano 149 a febbraio 2020 e sono cresciute a 169 ad aprile.

Parroci, operatori e volontari della rete Caritas hanno evidenziato che le persone impoverite dall’emergenza sanitaria in molti casi sono state segnalate dai vicini di casa o da altri parrocchiani. Diversi parroci hanno invece riferito di aver rilevato un impatto emotivo della pandemia: in molte persone è aumentato il senso di paura, soprattutto in quelle affette da disturbi psicologici come, ad esempio, la depressione o l’ansia.

Per i nuclei familiari che già vivevano in una condizione di difficoltà, l’impatto delle restrizioni legate alla necessità di contenere i contagi ha rappresentato in molti casi un ulteriore aggravamento. Durante il periodo di lockdown, l’impossibilità di uscire, unita a spazi di vita troppo piccoli e alla presenza di più di un figlio ha creato serie difficoltà. Emergono la noia, la difficoltà di occupare il tempo, la conflittualità legata alla frustrazione per una situazione di costrizione che si prolunga. Anche la didattica a distanza ha causato problemi. Alcune famiglie erano sprovviste del pc, del tablet, della connessione internet, o ancora delle competenze informatiche per poter supportare i figli nella DAD. Ma se la maggior parte dei nuclei ha risolto il problema acquistando le dotazioni mancanti, molte famiglie in difficoltà non hanno potuto fare altrettanto e i loro figli si sono ritrovati inizialmente esclusi dalla possibilità di seguire le lezioni.

I giovani in difficoltà.

Nel tempo della pandemia aumenta la presenza dei giovani anche nei Centri di Ascolto delle Caritas diocesane italiane. Secondo i dati delle Caritas diocesane di Gorizia, Concordia- Pordenone, Trieste e Udine, coloro che si sono rivolti ai servizi sono giovani che vivono da soli, in alcuni casi condividendo un appartamento con amici o con coetanei. Oltre un terzo è costituito da famiglie con figli.

Nella maggior parte dei casi dei ragazzi il percorso di studi si è fermato a causa di un abbandono scolastico, talvolta perché i giovani erano impossibilitati a proseguire il percorso per mancanza di disponibilità economica, nonostante la loro volontà e i loro intendimenti. In alcuni casi si intravede una scuola non vissuta come accogliente, probabilmente perché non pronta ad affrontare efficacemente le situazioni di forte disagio economico, ma soprattutto psicologico, e la sensazione di inadeguatezza vissuta dai ragazzi.

I giovani che si rivolgono ai Centri di Ascolto diocesani e ad altri servizi Caritas, si trovano in situazioni di povertà economica generate prevalentemente dalla mancanza di lavoro: disoccupazione, precarietà, poca spendibilità nel mondo del lavoro, working poor, i lavoratori che non riescono a garantirsi la sussistenza, sono le parole chiave del disagio lavorativo.

L’ingresso nel mondo del lavoro per i giovani presenta alcune caratteristiche comuni e trasversali: forte precarietà, bassa specializzazione, salari bassi, appartenenza ad una classe sociale bassa con scarsa possibilità di mobilità sociale. A spingere i giovani nella ricerca del lavoro è quasi esclusivamente la necessità, l’angoscia di non riuscire a garantirsi i beni primari. Difficilmente compaiono, però, la dimensione della costruzione del proprio futuro, la passione per il lavoro, l’ambizione per l’ascesa a nuove classi sociali. Molti degli under 34 si sono adattati a lavorare nel mondo della ristorazione e dei bar, come cameriere, aiuto cuoco, nella cura della persone, lavorando come badanti, babysitter, oppure come parrucchieri, o ancora nell’ambito delle pulizie. In pochi casi i giovani raccontano la difficoltà di perseguire i propri sogni.

Le relazioni.

Nel report si nota che in molti casi tutte queste povertà hanno come filo rosso una povertà relazionale: problemi familiari, punti di riferimento affettivi assenti, relazioni difficili, traumi non del tutto elaborati. Il vero dato “emergente” da questi focus è la povertà relazionale ed emotiva che caratterizza i giovani adulti in carico. Prima ancora della povertà economica, che pure è molto frequente, prima dei problemi di dipendenza o del disagio psichico, la fragilità dei giovani adulti è una fragilità di competenze, di esperienze, di strumenti per affrontare la vita e per gestire il rapporto con le altre persone e con i diversi contesti.