In 40mila in Fvg affetti da malattie rare, la regione guida la rete della ricerca

Le malattie rare in Friuli Venezia Giulia.

Si chiamano malattie rare, ma se le consideriamo tutte insieme sono piuttosto frequenti: colpiscono due milioni di italiani e almeno 25mila cittadini del Friuli Venezia Giulia, una stima al ribasso perché il dato reale
dovrebbe attestarsi attorno ai 40mila. Altri due numeri fanno impressione: almeno un caso su due riguarda i bambini e quasi tutte le malattie rare (il 95%) non hanno ancora terapie. Tanto che nel 30 per cento dei casi chi ne è affetto muore prima di aver compiuto 5 anni. Eppure combatterle è importante non solo per chi è direttamente coinvolto: i risultati di questi studi hanno infatti consentito di contrastare malattie ben più comuni, come sclerosi multipla e Alzheimer.

A tracciare questo quadro generale è stato il professor Maurizio Scarpa, responsabile del Centro di coordinamento regionale, nella Giornata mondiale delle malattie rare. Scarpa è uno degli specialisti più noti e apprezzati a livello mondiale: gli è stato affidato il coordinamento della rete europea per le malattie metaboliche e da anni sviluppa progetti in partenership con le istituzioni Ue. “Regione Fvg e azienda sanitaria de Friuli centrale – ha spiegato, collegato in videoconferenza da Parigi dove sarà tra i relatori di un convegno medico internazionale – hanno assunto il coordinamento di una delle 24 reti messe in piedi dall’Unione Europea: vi lavorano 3500 professionisti e vengono seguiti circa 80mila pazienti metabolici”. Le reti sono il frutto di una consapevolezza culminata nella direttiva europea del 2011. “Ma l’Italia, assieme alla Francia – ha ricordato il medico – è stata pioniera in questa lotta, approvando una legge specifica già nel 2001 e aggiornando i livelli essenziali di assistenza nel 2017”.

All’avanguardia anche la Regione, che ha recepito prontamente la prima norma nazionale e ha varato nel 2016 la Rete malattie rare “che viene coordinata da Asufc e interagisce con tutti gli ospedali regionali, innovativa nella sua organizzazione che prende in considerazione gli organi colpiti e non le singole malattie. Stiamo implementando il registro regionale e ci occupiamo della formazione di medici e infermieri, perché purtroppo le malattie rare non fanno parte del curriculum di studi universitari. Lavoriamo anche sullo screening neonatale”. “Tengo i contatti con le istituzioni europee – ha aggiunto Scarpa – per integrare i network a livello comunitario nelle reti regionali, e per portare qui finanziamenti. Abbiamo formato un gruppo di lavoro sull’intelligenza artificiale, con l’obiettivo di analizzare i dati dei nostri ospedali e individuare i pazienti a rischio di contrarre una malattia rara. Il problema è sempre la scarsa conoscenza globale di queste malattie: un ritardo diagnostico compromette la qualità della vita”.