Mobbing in aumento in Fvg.
A fronte di dati preoccupanti sul disagio lavorativo, la Regione Friuli Venezia Giulia ha annunciato un significativo aumento dei fondi per il contrasto al mobbing. Per il 2025, lo stanziamento per i Punti di ascolto antimobbing raggiungerà quasi 270mila euro, un incremento costante dal 2017. I dati del primo semestre 2025 confermano la gravità del fenomeno, che colpisce in particolare le donne e i lavoratori in età matura.
L’analisi dell’Assessore Rosolen e l’impegno istituzionale
L’assessore regionale al Lavoro, Alessia Rosolen, ha illustrato il quadro emerso dagli sportelli, sottolineando l’importanza di un’azione decisa: “Garantire ambienti di lavoro basati su pari opportunità e privi di fenomeni discriminatori è oggi una responsabilità strategica per le aziende, non solo in termini di produttività ma anche di sostenibilità sociale. Come si evince dai dati del primo semestre di quest’anno, il fenomeno del mobbing è tutt’altro che marginale e ciò che più colpisce sono le percentuali che riguardano le lavoratrici e l’età delle vittime.”
L’Assessore ha poi ribadito la necessità di investire nelle tutele: “Nei luoghi di lavoro, che registrano una presenza femminile sempre più marcata e in cui i dipendenti dei prossimi decenni saranno in buona parte rappresentati da persone adulte, questo impegno diventa ancora più urgente.”
Riguardo ai fondi, Rosolen ha aggiunto: “La Regione Friuli Venezia Giulia è intervenuta con azioni concrete, istituendo Punti d’ascolto in tutto il territorio e incrementando le risorse a questi sportelli dedicate. Dal 2017 – ha ricordato Rosolen – lo stanziamento è progressivamente cresciuto arrivando, nel 2025, a quasi 270mila euro.”
I numeri del disagio: chi chiede aiuto
Nel primo semestre del 2025, i Punti di ascolto antimobbing, attivi a Udine, Gorizia, Trieste e Pordenone, hanno seguito un totale di 341 persone, confermandosi presìdi fondamentali a tutela delle lavoratrici e dei lavoratori del territorio. La distribuzione territoriale vede 147 utenti a Udine, 70 a Gorizia, 63 a Trieste e 61 a Pordenone.
I dati demografici delineano un profilo di vittima preciso: il 67% delle persone seguite sono donne e il 33% uomini. La fascia d’età più esposta è quella dai 51 anni in su, che da sola raccoglie quasi la metà dei casi. La composizione complessiva per età è pari a: 0% minori di 20 anni, 5% tra i 20 e i 30, 20% tra i 31 e i 40, 27% tra i 41 e i 50 e 48% oltre i 51.
In termini di impiego, “La gran parte delle persone che hanno chiesto supporto ha un contratto a tempo indeterminato (88%), mentre il 12% lavora a termine.” La maggioranza opera nel privato (72%), contro un 28% nel pubblico.
Vessazioni e mobber: il ruolo del superiore
L’analisi entra nel dettaglio delle dinamiche di abuso. Le cause di disagio lavorativo più frequenti sono riconducibili a fattori socio-anagrafici (32%) e a mutamenti aziendali (21%), seguite da richieste avanzate dal lavoratore (20%).
Le modalità di vessazione più diffuse indicano l’uso sistematico dell’abuso di potere: “Le vessazioni più diffuse riguardano umiliazioni e critiche (32%), eccesso di controllo sul lavoro (25%) e attribuzione di compiti esorbitanti o eccessivi (15%).” Seguono, anche se in percentuali minori, forme di emarginazione come marginalizzazione dall’attività lavorativa (7%) e svuotamento delle mansioni (3%).
Il profilo dei presunti autori (mobber) rivela la natura gerarchica del problema: “Il profilo dei presunti autori (mobber) vede una lieve prevalenza di uomini (52%) rispetto alle donne (48%). Nel 75% dei casi si tratta di un superiore o titolare, nel 21% di colleghi pari grado, nel 3% di sottoposti e nell’1% di altre situazioni.”