Il carrello della spesa è sempre più caro in Fvg, aumenti oltre la media. La mappa dei rincari

Il deciso rincaro dei prezzi al consumo in Fvg.

Un rincaro generalizzato più alto di quello medio nazionale. ˜È quello che ha toccato a dicembre il Friuli Venezia Giulia, visto che tanto a Trieste, quanto a Udine si è registrata un’impennata dei prezzi al consumo. Dal carrello della spesa ai combustibili, dai trasporti ai servizi per ricettività e ristorazione, sono molti i comparti che hanno visto gli esborsi per le famiglie schizzare all’insù.

Il dato italiano, per lo scorso mese, parla di aumenti dei prezzi al consumo per l’intera collettività dello 0,4% su base mensile e del 3,9% prendendo in esame la base annua (da +3,7% di novembre). Lo rileva l’Istat.

A Udine lo svago è più salato.

E nella nostra regione? A Udine, secondo i dati dell’Ufficio statistica comunale, lo scorso mese l’indice generale dei prezzi al consumo ha registrato un balzo all’insù del +0,6% su base mensile e del +4,3% in un anno. Ad aumentare, in particolare, sono state le voci Ricreazione, spettacoli e cultura (+2,2%), Prodotti alimentari e bevande analcoliche (+1,2%) e Servizi ricettivi e di ristorazione (+1,0%). Trend di segno opposto, quindi in calo, invece per Bevande alcoliche e tabacchi (-0,7%), Altri beni e servizi (-0,4%) e Mobili, articoli e servizi per la casa (-0,3%). Prendendo come riferimento i 12 mesi, l’aumento maggiore appartiene alle voci Abitazione, acqua, elettricità e combustibili (+15,2%) e Trasporti (+12,1%). In calo invece Comunicazioni (-2,1%), Altri beni e servizi (-0,4%) e Istruzione (-0,1%).

Negozi e ristoranti più costosi a Trieste.

Trend al rialzo anche a Trieste. Nel capoluogo regionale, a dicembre gli indici dei prezzi al consumo sono cresciuti in generale dello 0,7% rispetto a novembre e del 5% rispetto allo stesso mese del 2020. Durante gli scorsi 30 giorni, sono aumentate in particolare le voci Ricreazione, spettacoli e cultura (+2,1%), Prodotti alimentari e bevande analcoliche (+1,5%) e Servizi ricettivi e di ristorazione (+1,1%). Segno meno, invece, per Bevande alcoliche e tabacchi (-0,5%) e Comunicazioni (-0,1%). A livello tendenziale, secondo quanto evinto dall’Ufficio comunale di statistica, l’incremento maggiore si osserva alle voci Abitazione, acqua, energia elettrica, gas e altri combustibili (+15,9%) e Trasporti (+12%). Seguono, tra gli altri, Servizi ricettivi e di ristorazione (+6,7%) e Prodotti alimentari e bevande analcoliche (+4,2%). Calano invece i prezzi alle voci Comunicazioni (-2,1%) e Abbigliamento e calzature (-0,8%).

In Italia gli effetti dell’impennata energetica.

Tornando alla situazione nazionale, in media, nel 2021 i prezzi al consumo in Italia registrano una crescita pari a +1,9% (-0,2% nell’anno precedente). La “inflazione di fondo”, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, è pari a +0,8% (+0,5% nel 2020) e al netto dei soli energetici a +0,7% (come nell’anno precedente). L’ulteriore accelerazione dell’inflazione su base tendenziale è dovuta prevalentemente ai prezzi dei Beni alimentari, sia lavorati (da +1,4% di novembre a +2,0%) sia non lavorati (da +1,5% a +3,6%), a quelli dei Beni durevoli (da +0,4% a +0,8%) e dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +1,9% a +2,3%). I prezzi dei Beni energetici continuano a crescere in misura molto sostenuta, pur rallentando (da +30,7% a +29,1%), a causa di quelli della componente non regolamentata (da +24,3% a +22,0%), mentre la crescita dei prezzi della componente regolamentata rimane pressoché stabile (da +41,8% a +41,9%).