La denatalità colpisce anche il commercio, in Friuli non si aprono più negozi

Sempre più difficile aprire un negozio anche in Friuli.

Anche in Friuli, come nel resto d’Italia, aprire un negozio di vicinato diventa sempre più complicato: la concorrenza dei colossi dell’online e dei grandi gruppi è spesso troppo schiacciante e gli imprenditori rinunciano.

La concorrenza dei giganti del web e della grande distribuzione, unita al caro vita e al rallentamento dei consumi, non hanno come conseguenza solo le chiusure di attività, ma fanno crollare anche le nuove nascite. La denatalità, insomma, colpisce anche il commercio secondo il report di Confesercenti che ha analizzato le nuove aperture di insegne al dettaglio sia tra un anno e l’altro sia in confronto a dieci anni fa. E, purtroppo, i dati parlano chiaro.

Sulla base dei dati camerali, si stima che in Italia nel 2023 abbiano tirato su la saracinesca per la prima volta solo poco più di 20mila attività nel comparto, l’8% in meno del 2022 e il numero più basso degli ultimi dieci anni: nel 2013 erano state oltre 44mila, più del doppio.

E il Friuli Venezia Giulia non fa eccezione: secondo l’associazione di categoria, nel 2013 ci furono 509 aperture, nel 2022 283 e nel 2023 259; in un anno quindi, il calo dei nuovi negozi (- 24) è stato pari al 9%; in dieci anni (- 250) del 49%, praticamente un dimezzamento.

A livello generale, la diminuzione ha riguardato tutti i comparti, con cali particolarmente rilevanti per i negozi di articoli da regalo e per fumatori (-91%, -1.293 nuove aperture rispetto al 2013), per i gestori carburanti (-80%, 441 aperture in meno), per edicole e punti vendita di giornali, riviste e periodici (-79%, pari a -625 aperture), ma anche per i negozi di tessile, abbigliamento e calzature, che nel 2023 dovrebbero registrare solo 2.167 iscrizioni di nuove attività, -3.349 rispetto a dieci anni fa. Tra le attività del commercio, le nascite di imprese aumentano solo nel commercio via internet, che vede esplodere le iscrizioni rispetto a dieci anni fa (6.427 quest’anno, il 188% in più).

“In generale, in Italia, si fa sempre meno impresa, e chi soffre di più è sicuramente il commercio al dettaglio – commenta Confesercenti -. Il crollo delle nascite di nuove imprese sta accelerando il processo di desertificazione commerciale delle nostre città, privando i cittadini di servizi e i territori di ricchezza e lavoro, e la nostra economia di quei negozi e boutique che hanno fatto conoscere al mondo il Made in Italy e valorizzato le nostre produzioni”.

“Serve quindi un pacchetto di misure ad hoc – conclude l’associazione di categoria -, per sostenere i piccoli esercizi commerciali: noi proponiamo da tempo decontribuzione per i giovani che avviano una nuova attività commerciale e un regime fiscale di vantaggio per gli esercizi sotto i 400mila euro di fatturato l’anno. E’ inoltre necessario agire anche sul fronte della rigenerazione urbana”.