Finte vaccinazioni ai bambini del Friuli, chiesta la conferma della condanna di primo grado

La sentenza della Corte d’Appello sul caso Emanuela Petrillo sarà pronunciata il 27 novembre.

La Corte d’Appello è pronta a pronunciare la sentenza il prossimo 27 novembre riguardo al caso di Emanuela Petrillo, l’ex assistente sanitaria di 37 anni originaria di Spresiano, nel trevigiano. Petrillo è stata accusata di aver falsamente somministrato vaccinazioni a centinaia di bambini del Friuli e del Triveneto tra il 2009 e il 2017. La donna è stata condannata in primo grado dal Tribunale di Udine a 8 anni e 6 mesi di reclusione per una serie di reati, tra cui peculato, falso in atto pubblico, rifiuto d’atti d’ufficio e falso in certificazione.

La sentenza che verrà pronunciata il 27 novembre dovrà considerare i termini di prescrizione e determinerà se i reati di falso e omissione d’atti d’ufficio commessi a Codroipo, Udine e San Daniele siano ancora perseguibili. Questi elementi sono emersi durante un’udienza a Trieste, dove è stata respinta la richiesta di riapertura dell’istruttoria avanzata dalla Procura generale. La Procura aveva proposto l’integrazione della consulenza già resa dal virologo Matteo Bassetti, direttore della Clinica Malattie Infettive dell’Ospedale San Martino di Genova.

La difesa.

Il difensore della donna, l’avvocato Paolo Salandin, ha chiesto l’assoluzione della sua assistita, sostenendo che le accuse fossero motivate da un clima di ostilità e ha enfatizzato la professionalità di Petrillo. La difesa ha anche contestato la sussistenza dei reati di falso in certificazione, non ritenendo provato il rilascio dei libretti di vaccinazione, e ha negato il delitto di peculato.

Le aziende sanitarie e le famiglie.

Le Aziende Sanitarie coinvolte nel caso, rappresentate dall’avvocato Laura Baggio per l’Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale e dall’avvocato Laura Tronchin per l’AUSL2 Marca Trevigiana, hanno anche appellato la sentenza di condanna. Le due Aziende hanno eccepito la mancanza di prova dei danni subiti dalle famiglie che si sono costituite parti civili e l’assenza di responsabilità da parte delle strutture sanitarie per il comportamento tenuto da Petrillo, che andava contro le sue funzioni e mansioni. Le Aziende Sanitarie hanno sottolineato che avevano avviato azioni per accertare la situazione di illegalità prima dell’inizio del procedimento penale.

Gli avvocati che rappresentano le famiglie costituite in giudizio, hanno invece sostenuto che le azioni di Petrillo hanno danneggiato un interesse specifico tutelato dalla Costituzione e hanno il diritto al risarcimento da parte dell’imputata in solido con le Aziende Sanitarie.