Vendemmia, il Friuli perde il 10% del suo vino, il dato peggiore del Nord Italia

La produzione di vino nel 2023 in Friuli cala del 10%.

Più grappoli, ma il maltempo e i parassiti hanno annullato il vantaggio: per questo 2023, la produzione di vino in Friuli calerà del 10% rispetto al 2022, un dato certo migliore della media italiana, ma il più alto di tutto il Nord Italia.

A dirlo sono le stime dell’Osservatorio Assoenologi, Ismea e Unione italiana vini (Uiv),secondo le quali, quest’anno, a livello nazionale, potrebbe esserci la vendemmia più leggera degli ultimi sei anni, caratterizzata dagli effetti ormai cronici dei mutamenti climatici che, con i relativi decorsi meteorologici incerti e spesso estremi. A metterci del suo è stata anche la Peronospora, malattia fungina determinata dalle frequenti piogge che non ha lasciato scampo a molti vigneti.

Entrando nello specifico della nostra regione, se nel 2022 la produzione era di 2.2 milioni di ettolitri di vino e mosto, nel 2023 sarà di circa 1,983 milioni, con un calo appunto del 10%. Il dato positivo, però, è che la qualità sarà buona.

“Il pinot grigio – cita la relazione -, rimane la varietà di riferimento, che ha una qualità ottimale sulla maggior parte delle zone doc, laddove la grandine abbia avuto un’incidenza minore”. Come detto, il dato del Friuli è il peggiore del Nord: in Veneto, ad esempio, la produzione aumenta del 5%, in Valle d’Aosta del 10 e in Lombardia addirittura del 15%.

Per il presidente di Assoenologi, Riccardo Cotarella: “È una vendemmia molto complessa quella che stiamo affrontando, caratterizzata soprattutto dagli effetti dei cambiamenti climatici che sul finire della primavera e l’inizio dell’estate sono stati causa di malattie patogene come la Peronospora, alluvioni, grandinate e siccità“.

“La fotografia che emerge dalle previsioni vendemmiali ci indica un calo della produzione di uve piuttosto significativo. Sul fronte della qualità, il discorso è più complesso. Dalla vendemmia 2023 otterremo sicuramente vini di buona qualità, con punte di eccellenza. Molto – ha concluso il presidente di Assoenologi – dipenderà dal lavoro, a cominciare da quello degli enologi, eseguito in vigna e in cantina. È proprio in queste annate così strane che occorre mettere in campo tutte le conoscenze tecniche e scientifiche per mitigare i danni di un clima sempre più pazzo”.

Non ci possiamo più permettere di produrre 50 milioni di ettolitri come nelle ultime vendemmie – ha detto il presidente di Unione italiana vini, Lamberto Frescobaldi -, e non può essere una malattia fungina a riequilibrare una situazione che ha portato di recente al record di giacenze degli ultimi anni. Sorprende, a questo proposito, come molti si preoccupino ancora di rimanere detentori di uno scettro produttivo che non serve più a nessuno: oggi più che mai si impongono scelte politiche di medio e lungo periodo, a favore della qualità e di una riforma strutturale del settore”.