Parte dal Friuli Venezia Giulia la proposta di legge contro le moschee abusive

Presentata la proposta di legge contro le moschee abusive.

Il sindaco di Monfalcone Anna Maria Cisint, insieme al vicesindaco, Antonio Garritani, e alla maggioranza, ha presentato stamane una proposta di legge, di un unico articolo, che fa seguito alla vicenda dei centri islamici e ai pronunciamenti del Consiglio di Stato che ora sarà inviata ai parlamentari regionali di tutti i partiti di maggioranza per il relativo iter di cui si auspica una rapida approvazione.

“La posizione che abbiamo portato avanti con le ordinanze assunte a Monfalcone e il contenzioso che si è aperto, ha determinato il pronunciamento del Consiglio di Stato su due punti di principio fondamentali per ricondurre l’azione dei centri islamici e del relativo processo di islamizzazione, nei cardini della legalità – spiega il sindaco Cisint – . E’ stato, infatti, sancito che quando la preghiera diventa, da atto individuale, un esercizio collettivo deve essere praticata nel rispetto della legge, confermando di conseguenza la validità delle ordinanze che abbiamo assunto per la violazione delle norme urbanistiche e dell’incolumità pubblica. L’altro punto essenziale è che un immobile carente dei requisiti in materia urbanistico-edilizia o fuori dalla relativa zonizzazione non può essere trasformato in moschea.

“Si tratta di un chiarimento di fondo perché in tutta Italia proliferano centri islamici e moschee al di fuori di ogni regola, controllo o censimento e i pronunciamenti che abbiamo ottenuto indicano la strada a tutti i sindaci per intervenire al fine di far rispettare le norme che devono riguardare la generalità di tutti i cittadini -prosegue il sindaco di Monfalcone – . E’ un grande risultato. Ciò non riguarda in alcun modo il diritto di culto, ma semplicemente il rispetto delle normative che devono essere seguite da chiunque voglia svolgere una specifica attività, come quella della preghiera, in luoghi e ambiti idonei che per questo vengono stabiliti nei piani regolatori di ciascun Comune. Proprio a partire da questi punti fermi, il nostro caso ha fatto emergere l’esigenza di avere certezza anche su due aspetti indiscutibili in base all’ordinamento italiano, ma che è necessario normare di fronte al proliferare di richieste che le varie comunità islamiche stanno facendo alle amministrazioni comunali, affinché mettano a disposizione centri di preghiera provvisori e ai pronunciamenti giurisdizionali che invitano i primi cittadini a individuare siti idonei a questo fine”.

“L’autonomia dei Comuni è un valore costituzionale primario essendo gli enti locali posti alla pari e non subordinati alle altre istituzioni nelle proprie competenze e fra queste rientrano quelle urbanistiche relative alla gestione del proprio territorio che si esercitano attraverso i piani regolatori. Nessuno può imporre a un sindaco di fare scelte, peraltro a favore di associazioni private, come sono i centri islamici, in contrasto con lo strumento urbanistico, che peraltro è soggetto ad approvazione del Consiglio comunale con un particolare procedura. Affermare che esiste la libertà di culto collettivo non può assolutamente significare che i Comuni sono obbligati a predisporre e fornire dei siti alternativi per il culto non previsti nel piano regolatore comunale presso i quali garantire la pratica di tale preghiera collettiva, magari dotati di servizi e comfort come ci è stato arrogantemente richiesto. In tal modo chiunque, per la propria attività privata, potrebbe pretendere di avere un luogo dove praticarla, in palese violazione delle norme urbanistiche e di qualsivoglia altra norma. E perché la richiesta dovrebbe valere solo per i Comuni e non per tutte le altre istituzioni pubbliche regionali e statali del territorio. Peraltro ciò avverrebbe con le tasse dei cittadini, cioè a spese della collettività, con tutte le conseguenze di danno erariale che ne deriverebbero. Per questo anche nel caso di Monfalcone, come in tutte le altre città italiane in cui si stanno diffondendo simili richieste, questa imposizione è irricevibile perché in contrasto con i principi costituzionali di autonomia di cui godono i Comuni e con il valore di legalità delle scelte di governo del territorio stabilite negli strumenti urbanistici. Di conseguenza, la nostra proposta di legge, rivolta alla tutela dei sindaci, dei cittadini e dei territori, prevede che ‘fermo restando che spetta al Comune, all’interno del Piano Regolatore Generale, stabilire le Zone destinate a ospitare edifici per il culto, esula dalla sua competenza l’individuazione o messa a disposizione, sia in via permanente che provvisoria, di siti alternativi da utilizzare per l’attività di preghiera collettiva‘. I Comuni non possono diventare su richiesta di chi si voglia gli zerbini per la preghiera dei musulmani”.