Caso respingimenti sul confine, parla il sindacato di polizia: “Accuse gravissime. Si faccia chiarezza”

Il sindacato di polizia respinge le accuse.

“I servitori dello Stato, accusati di violenze, continueranno certamente a garantire la sicurezza dei confini, ma qualcuno risponderà alle loro necessità e difficoltà? Permane una situazione delicatissima e potenzialmente pericolosa soprattutto ora che la polizia di Stato è stata calunniosamente dipinta come brutale milizia di tristi memorie novecentesche”.

Bocciati i respingimenti dei migranti tra Fvg e Slovenia: sono illegittimi

Non ci sta, il sindacato italiano appartenenti alla polizia, ad essere accusata sulla questione dei respingimenti e delle riammissioni illegali dei migranti in Slovenia. Una vicenda che tocca da vicino Gorizia, come Trieste, al centro della rotta balcanica di questi mesi.

Tutto nasce, lo ricordiamo, dalla recente sentenza di un giudice del Tribunale di Roma che, in un’ordinanza, ha scritto nero su bianco che “la prassi adottata dal ministero dell’Interno in attuazione dell’accordo bilaterale con la Slovenia è illlegittima sotto molteplici profili”, raccontando gravi fatti accaduti nei boschi lungo il confine italo-sloveno e negli uffici della polizia di frontiera.

Il Siap di Trieste – denuncia il sindacato di polizia – dopo aver appreso tali notizie auspica che venga fatta al più presto piena luce sui fatti attribuiti agli agenti di frontiera soprattutto su questo tema di enorme interesse pubblico. L’attività degli agenti è un lavoro importante, svolto spesso senza alcun preavviso che ha perciò impegnato duramente tutta la struttura della polizia di frontiera – prosegue il sindacato –. Un lavoro svolto con competenza e dedizione, senza clamore e, ci preme sottolineare, senza alcun turbamento per l’ordine pubblico”.

Nel lungo e inesorabile flusso “migliaia migranti negli ultimi quattro anni sono stati rintracciati nei boschi e sulle strade – spiega il Siap –, molte volte in condizioni psicofisiche al limite della sopravvivenza e sono stati tutti accompagnati presso gli uffici della polizia di frontiera, dove si è sempre ottemperato con serietà e spirito di abnegazione a quella che è la prima missione dell’agente di polizia, ovvero il soccorso pubblico. Prima di adempiere a tutte le formalità di rito, i poliziotti hanno salvato vite, rifocillato e confortato persone stremate”.

Per il sindacato di polizia, il problema è anche dell’organico ridotto. “Stiamo parlando di una manciata di agenti – raccontano – che pattugliano decine di chilometri confinari boschivi gelidi e tortuosi, lontani dai centri cittadini. Le donne e gli uomini in divisa, nelle circostanze più critiche, hanno anche più volte fornito di tasca propria generi alimentari e di primo soccorso come cibo, acqua e addirittura cuscini o pannolini per neonati. Non ci sono Ong presenti né sostegno psicologico professionale, non c’è un soccorso strutturato e non esistono altre Istituzioni se non la polizia di Stato che si fa carico di tutte le incombenze nelle prime ore che possono essere molto lunghe, difficili e fredde”.

I poliziotti impegnati nella frontiera in questi mesi invernali si dicono “sgomenti e costernati da quanto leggono sui giornali. Siamo accertatori ed esecutori delle norme, dei regolamenti e delle disposizioni superiori che ci vengono impartite – denunciano – e abbiamo nel Dna la tutela dei diritti fondamentali dell’essere umano. Piuttosto ci mancano gli spazi, la sicurezza di operatori e migranti, strutture e veicoli, ma non certo la cultura della civiltà e democrazia europea. Leggere palesi fandonie pubblicate con leggerezza ci avvilisce, ma rinnova in noi la consapevolezza istituzionale che ci distingue”.

Da qui la denuncia per una situazione che, come scrive il sindacato, sta diventando insostenibile. “Serve la presenza della politica e delle Istituzioni nazionali, regionali e comunali. Senza oggettivi riconoscimenti e sostegni, se non sporadiche pacche sulle spalle, i poliziotti sono costretti a continuare a fare del loro meglio con scarsi strumenti. La sola professionalità degli agenti della polizia di Stato oggi non basta più”.

Il clima sta dunque diventando rovente. “I racconti di questi giorni sembrano miopi e costruiti ad arte per accecare e rischiano, concretamente, di creare un clima di accesa contrapposizione di cui la nostra provincia ha veramente pochissimo bisogno. Questi articoli e messaggi improvvisati sono utili solo a rendere più rischioso e difficile il mestiere dei poliziotti in quanto esasperano una situazione già di per sé esplosiva soprattutto se si considera che il nucleo di quanto sopra descritto, è la caserma di Fernetti la quale, precisazione necessaria, è attigua ad uno dei maggiori centri di accoglimento di stranieri in regione, Casa Malala).