Le motivazione del Gup per la sentenza sull’omicidio Tominaga.
Tre parole dette con calma: “Scappa, scappa, scappa”. Poi, un pugno violentissimo in volto, che ha fatto cadere all’indietro Shimpei Tominaga, facendogli battere la testa a terra. Sarebbe morto così, “senza motivo”, l’imprenditore giapponese aggredito la notte del 22 giugno 2024 davanti a un locale di via Pelliccerie, a Udine.
Lo si apprende dalle motivazioni della sentenza con cui il Gup del tribunale di Udine, Roberta Sara Paviotti, ha condannato a 12 anni di reclusione il ventenne trevigiano Samuele Battistella per omicidio preterintenzionale aggravato dai futili motivi e lesioni aggravate. Condannati a due anni anche Daniele Wedam (20 anni) e Abd Allah Djouamaa (22 anni) per le lesioni ai danni dell’ucraino Oleksandr Petrov e di Giuseppe Venturini, amico di Tominaga, ma assolti dall’accusa di concorso morale nell’omicidio.
Il gesto estemporaneo e la sproporzione
Dalla ricostruzione effettuata tramite i filmati di sorveglianza e accolta integralmente dal Gup, emerge che Battistella ha agito in modo del tutto autonomo e improvviso. Il pugno a Tominaga – che fino a quel momento era rimasto estraneo all’aggressione – è stato definito dal giudice un’azione “improvvisa, inaspettata e del tutto sproporzionata” rispetto alle parole pronunciate dalla vittima.
Parole che, secondo la sentenza, non avevano contenuto offensivo, volgare o minaccioso. Tominaga – 30 anni più anziano degli aggressori – si era limitato a dire “scappa, scappa, scappa”, rivolto a Wedam, in un contesto in cui stava per essere chiamata la polizia a seguito dell’aggressione a Petrov. La reazione di Battistella a quella frase viene giudicata dal Gup come segnata da una “clamorosa sproporzione”, che potrebbe essere stata dettata – ma è solo una possibilità – dalla percezione che quelle parole minacciassero l’onore del suo amico.
I futili motivi
Proprio questa sproporzione ha portato il giudice a riconoscere l’aggravante dei futili motivi: Tominaga non aveva avuto alcun atteggiamento aggressivo, si trovava immobile, appoggiato a un bancone. La frase che ha preceduto il pugno, si legge nelle motivazioni, era legata alla volontà di porre fine all’aggressione in atto e non giustificava in alcun modo la violenza che ne è seguita.
Nessun concorso morale
Decisiva, nella posizione dei due coimputati, la ricostruzione fatta dal Tribunale del Riesame di Trieste e confermata dal Gup Paviotti: al momento in cui Battistella colpì Tominaga, Wedam e Djouamaa erano già all’esterno del locale. Non solo: l’azione omicidiaria è stata ritenuta “del tutto estemporanea”, impossibile da prevedere o agevolare da parte degli altri due.
Un’escalation insensata
Tutta la vicenda nasce da un’altra aggressione, altrettanto priva di motivazioni plausibili. Poco prima del delitto, Battistella e Djouamaa avevano aggredito Petrov, colpendolo mentre era a terra, mentre Wedam teneva fermo un amico della vittima con un coltello. Il motivo dell’alterco? I due ucraini avevano chiesto indicazioni su un Postamat. Alla loro domanda, Battistella e Wedam avevano risposto con una risata e poi, alla richiesta di spiegazioni (“Cosa avete da ridere?”), era seguita la reazione: “Ora vedi cosa c’è da ridere”.
La violenza, scrive il Gup, resta “inspiegata e inspiegabile”, tanto nel primo episodio quanto nel successivo colpo che ha ucciso Shimpei Tominaga.