Con il Covid è record di ore di cassa integrazione in Fvg, crollano le assunzioni

Gli effetti del coronavirus sulle assunzioni in Fvg.

Il coronavirus riduce, e di molto, le opportunità di lavoro in Fvg. Nei primi nove mesi del 2020 il numero di nuovi rapporti di lavoro dipendente attivati in regione nel settore privato (esclusa l’agricoltura) è diminuito di un terzo rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso (-33,1%, quasi 37.500 in meno). Lo comunica il ricercatore dell’Ires Fvg, Alessandro Russo, che ha elaborato dati Inps.

La pesante contrazione è ovviamente l’effetto dell’emergenza legata alla pandemia Covid-19 e delle conseguenti restrizioni (come l’obbligo di chiusura delle attività non essenziali), nonché della più generale caduta della produzione e dei consumi. La flessione ha riguardato tutte le tipologie contrattuali ed è stata più marcata per i rapporti che prevedono un termine, in particolare per le assunzioni in somministrazione (-44,7%).

Il trimestre marzo-maggio, come era prevedibile, ha registrato un vero e proprio crollo dei flussi di assunzione rispetto allo stesso periodo del 2019 (complessivamente -62,1%). Il mese di aprile è stato quello più critico, con un numero di ingressi nel mercato del lavoro diminuito di oltre l’80% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (-81,7%). In particolare, le assunzioni stagionali ad aprile si sono quasi azzerate (-97,6% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente); anche i contratti di lavoro intermittente, connessi in prevalenza al settore turistico, hanno evidenziato una forte battuta d’arresto (-83,7%). Il ricorso al lavoro intermittente, che riguarda prevalentemente i giovani e le donne, era al contrario aumentato negli ultimi anni, in particolare dopo la soppressione dei voucher nel 2017. Si tratta di una tipologia contrattuale mediante la quale una persona si mette a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione in modo discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi, anche con riferimento alla possibilità di svolgerla in periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno.

Le assunzioni a tempo determinato e in somministrazione, invece, erano già in diminuzione da tempo, dopo l’espansione del biennio 2016-2017. Il cosiddetto Decreto Dignità, approvato nella seconda parte del 2018, introducendo diverse restrizioni ne aveva in effetti interrotto la crescita.

Sempre nel periodo gennaio-settembre 2020 sono diminuite le interruzioni dei rapporti di lavoro (-20,3% rispetto agli stessi mesi del 2019), soprattutto quelle relative ai contratti in somministrazione (-27,1%). Per quanto concerne le motivazioni delle cessazioni, la flessione maggiore ha riguardato quelle di natura economica (-42,6%), anche per effetto del blocco dei licenziamenti introdotto dal Governo con il Decreto del 17 marzo “Cura Italia” e successivamente prorogato. I licenziamenti di natura economica comprendono quelli avvenuti per giustificato motivo oggettivo, licenziamento collettivo, per esodo incentivato, cambio appalto o interruzione di rapporti di lavoro nel settore edile per completamento dell’attività e chiusura di cantiere.

Nei primi nove mesi del 2020 è sensibilmente diminuito anche il numero di variazioni contrattuali (-27,9%); principalmente si tratta di passaggi da tempo determinato a indeterminato. Anche in questo caso si è interrotto un trend in atto dal 2018, che aveva portato ad un consistente numero di stabilizzazioni di rapporti di lavoro. Non bisogna infatti dimenticare che la forte espansione delle assunzioni a termine nel biennio 2016-2017 ha successivamente determinato un fisiologico incremento delle stabilizzazioni a tempo indeterminato, ulteriormente favorito dal Decreto Dignità.

Oltre al blocco dei licenziamenti anche il massiccio ricorso agli ammortizzatori sociali ha contribuito a limitare la perdita di posti di lavoro. Da gennaio a novembre 2020 (ultimi dati al momento disponibili), infatti, sono state autorizzate 66,2 milioni di ore di cassa integrazione guadagni, a cui si devono sommare 23,4 milioni di ore dei fondi di integrazione salariale (esclusi quelli gestiti da enti bilaterali), valori mai raggiunti in precedenza. Come risultato l’occupazione nei primi nove mesi del 2020, in base alle stime elaborate dall’Istat, si è mantenuta in media pari allo stesso valore registrato nell’anno precedente (circa 511.000 unità).