Sempre più anziani, ma sempre più soli: l’allarme welfare in Friuli Venezia Giulia

L’analisi della Spi Cgil Friuli Venezia Giulia sugli anziani e gli scenari del welfare.

Sempre più anziani, ed è una buona notizia, ma anche sempre più anziani soli in Friuli Venezia Giulia. E meno caregiver potenziali nelle condizioni di prendersene cura in ambito familiare, aggravano le difficoltà legate alla crisi del sistema sociosanitario e alle carenze dell’assistenza domiciliare.

Per effetto delle dinamiche demografiche in atto, infatti, il rapporto tra la popolazione in fascia d’età 50-75 anni e over 85, che all’inizio del millennio era di oltre 10,5 a 1, oggi è sceso a 7,6. Per i 112mila over 80 e i 58mila over 85 del Friuli Venezia Giulia, i cosiddetti “grandi anziani”, la possibilità di trovare supporto in ambito familiare o vicinale è scesa del 30% e continuerà a scendere.

L’inverno demografico.

A lanciare l’allarme è il segretario generale dello Spi Cgil Friuli Venezia Giulia Renato Bressan, sulla scia di un’articolata analisi del quadro demografico regionale, che purtroppo non registra inversioni di tendenza. Anzi. Sono più di 30mila abitanti persi dal 2010, a causa del saldo demografico naturale, sempre più in rosso, ma anche delle troppe partenze per l’estero, ben 54mila dal 2025. E in assenza di apporti dall’immigrazione, decisivi per contrastare un saldo demografico naturale pesantemente in rosso, con i decessi che nel 2024 sono stati più del doppio delle nascite (14.638 contro 6.885), di qui al 2035 la nostra regione perderebbe altri 90mila residenti.

Gli anziani in Friuli Venezia Giulia.

La popolazione anziana continua a crescere in termini assoluti e ancor più in percentuale: oggi in Fvg vivono 328 mila over 65, il 27,5% della popolazione e due volte e mezzo gli over 14, che sono soltanto 130mila. Tra 10 anni, secondo lo scenario mediano dell’Istat, gli anziani saranno 378 mila, gli under 14 119mila, meno di un terzo. Una carenza di giovani che sarebbe ancora più grave senza l’apporto degli immigrati, visto che il 30% dei nuovi nati ha entrambi o almeno un genitore straniero, confermando una natalità molto più alta tra i residenti di origine straniera. Tornando agli anziani, a preoccupare è la crescita dei nuclei unipersonali: oggi sono 212mila, tra 10 anni saranno 228mila, quasi un residente su 5, e si tratta in gran parte di anziani soli e in forte prevalenza di donne.

Cala la forza lavoro.

L’altro aspetto di forte preoccupazione, in prospettiva, riguarda il calo della forza lavoro. Se nel 2011 i residenti under 14 erano 154mila, quest’anno sono 130mila e nel 2035, per effetto del drastico calo delle nascite, saranno meno di 120mila. Tutto questo determinerà, a cascata, un crollo del tasso di sostituzione sul mercato del lavoro: limitandosi ai prossimi 10 anni, la forza lavoro potenziale calerà di quasi 50mila unità, dagli attuali 736mila residenti nella classe 15-64 anni ai 688mila del 2035.

“È di evidenza solare – commenta Bressan – che senza un costante afflusso di nuovi immigrati, e senza il contributo di altri fattori virtuosi, come l’aumento del tasso di occupazione femminile, sarà impossibile non solo mantenere gli attuali standard produttivi ed economici, ma anche garantire la tenuta di un sistema previdenziale che vedrà ridursi sempre più il rapporto tra lavoratori attivi e anziani“.

L’appello.

YouTube video

Gli effetti dell’inverno demografico non si abbattono in modo lineare e omogeneo sul territorio regionale. “L’impatto più grave –  spiega ancora Bressan – è nelle terre alte, nelle zone più periferiche e nelle aree interne dove i servizi sociali sono sempre più diradati anche a seguito di bilanci comunali sempre più esigui per effetto di minori entrate tributarie, dal momento che continuano a diradarsi le attività economiche e a calare la popolazione in età lavorativa”.

Da qui alla politica e alle istituzioni locali, in primis la Regione: “È del tutto evidente – conclude il segretario regionale dello Spi – che la struttura sociale attuale e quella dei prossimi anni necessitano per il mondo degli anziani interventi di rafforzamento dei servizi sociali a domanda individuale, del sistema di assistenza sanitaria, di implementazione a regime della medicina di territorio e più in generale di politiche legate all’invecchiamento attivo. La Regione, il sistema degli enti locali e le aziende sanitarie sono chiamate a dare risposte dentro ad una programmazione auspicabilmente concertata con le parti sociali tenendo conto delle evoluzioni socio-demografiche in corso. Parallelamente servono politiche a 360 gradi capaci di incentivare la permanenza dei giovani, dalla scuola al mondo del lavoro, fermando un esodo che negli ultimi dieci anni ha visto 54mila partenze dalla nostra regione, e va diametralmente cambiato l’approccio populista e demagogico di molte forze politiche nei confronti dell’immigrazione, assolutamente strategica per contrastare la glaciazione demografica in atto e per offrire una prospettiva di tenuta economica e sociale del nostro Paese e del nostro sistema regione”.