Dazi Usa-Ue al 15%, allarme delle imprese: ‘Scelta sbagliata, servono ristori per le aziende’

Le reazioni dell’economia friulana ai dazi Usa-Ue al 15%.

“Finalmente è stata fatta una scelta. Ma si tratta della scelta sbagliata“: con queste parole, il presidente di Confindustria Udine, Luigino Pozzo, commenta l’accordo sui dazi al 15% siglato tra Stati Uniti e Unione Europea.

Secondo Pozzo, l’intesa rappresenta una svolta negativa per le imprese europee: “Nel momento in cui si doveva compiere un passo deciso verso un mercato aperto e basato sul libero scambio, l’Europa ha invece accettato una logica protezionistica che danneggia gravemente le sue stesse imprese. L’unica scelta possibile – razionale, lungimirante, coerente con i principi del commercio internazionale – era un dazio pari a zero. Qualsiasi altra soluzione rappresenta un cedimento e un errore strategico”.

“Ristori per chi esporta negli Stati Uniti”

Confindustria Udine chiede che l’Unione Europea intervenga con misure compensative concrete: “Chiediamo che alle imprese europee attive sul mercato statunitense siano riconosciuti ristori pari ad almeno il 10% del loro fatturato generato negli USA – afferma Pozzo -. È l’unico modo per evitare che questo errore negoziale si traduca in una perdita strutturale di competitività”.

Il presidente punta il dito contro l’approccio della Commissione europea: “Altro che ‘negoziazione strategica’, questa intesa mostra un’Europa debole, che si è piegata a una logica economica superata e miope: quella dei saldi commerciali bilaterali, dove si misura la bontà di una relazione economica solo in base alla differenza tra export e import tra due Paesi. È una visione contabile, non strategica, che ignora la complessità e l’interconnessione del commercio globale”.

L’effetto combinato dei dazi e del cambio euro/dollaro

Pozzo sottolinea come i dazi, sommati a un cambio euro/dollaro sfavorevole, stiano creando un danno pesante alla filiera produttiva: “L’effetto combinato tra l’introduzione dei dazi e un cambio sfavorevole peserà oltre il 20%, per un differenziale complessivo del 35% rispetto allo scorso anno. Questo mette a rischio la tenuta dell’intera filiera manifatturiera”.

E aggiunge: “Oggi serve una misura straordinaria, perché il periodo è molto complesso: occorre sospendere il patto di stabilità e spingere urgentemente per una politica europea a salvaguardia del sistema industriale”.

Coldiretti: “Passo avanti, ma non basta”

Sul fronte agricolo, la voce è quella del presidente regionale di Coldiretti Fvg, Martin Figelj: “Un passo avanti, ma non può bastare. Rispetto all’ipotesi di salire al 30%, il 15% è ovviamente una buona notizia, ma per settori chiave dell’economia regionale, come vino e formaggi, servirebbe scendere almeno al 10%, vale a dire la situazione attuale. Ne va della tenuta del sistema produttivo“.

Anche Ettore Prandini, presidente nazionale di Coldiretti, mette in guardia: “Il nuovo assetto tariffario avrà impatti differenziati tra i settori e deve essere accompagnato da compensazioni europee per le filiere penalizzate anche considerando la svalutazione del dollaro”.

Made in Italy agroalimentare sotto pressione

Secondo Vincenzo Gesmundo, segretario generale di Coldiretti, l’accordo non basta a tutelare i prodotti italiani: “Gli Stati Uniti restano un mercato fondamentale, dove dobbiamo proteggere i consumatori dalle imitazioni del falso made in Italy. In un mercato già invaso da prodotti come il parmesan o il romano cheese made in Usa, dobbiamo portare avanti un’azione strutturale per promuovere il made in Italy autentico e contrastare l’italian sounding, che negli Stati Uniti provoca ogni anno perdite stimate in oltre 40 miliardi di euro”.