Per rilanciare il Friuli serve immigrazione qualificata, le proposte di Confindustria

A dirlo Gianpietro Benedetti, presidente di Confindustria Fvg.

Il calo demografico pesa anche sul sistema produttivo e già ora le aziende non trovano più giovani da assumere e nelle scuole ci sono sempre meno bambini: bisogna diventare più attrattivi e, secondo il presidente reggente di Confindustria Fvg, Gianpietro Benedetti, “la priorità immediata è regolare l’immigrazione qualificata, aggiornando le leggi sui permessi di soggiorno sulla falsariga di quanto avviene in Germania”.

L’occasione per fare il punto della situazione è stata la presentazione del rapporto 2022 della Fondazione Nord Est nel corso di un incontro dal titolo “Il futuro sta passando – Chi è pronto e chi no” promosso dalla stessa Fondazione in collaborazione con Confindustria Udine.

“Abbiamo bisogno di strategie di medio-lungo termine, perché altrimenti rischiamo di rimanere, di emergenza in emergenza, in una prospettiva schiacciata solo sul presente, priva di slancio – ha evidenziato Anna Mareschi Danieli, vicepresidente di Confindustria Udine -. Gli esempi non mancano e riguardano gap strutturali che stanno diventando cronici. Denatalità, sostegno alla famiglia e al women’s empowerment, orientamento e formazione delle competenze richieste dalle imprese e non disponibili sul mercato del lavoro, gestione controllata ed efficace dell’immigrazione qualificata, una pubblica amministrazione efficiente, infrastrutture adeguate, costo del lavoro sostenibile, certezza del diritto, cuneo fiscale e così via. In poche parole, costruire in modo rapido un ambiente friendly per chi fa impresa, in modo tale da generare valore e ricchezza, che poi possa essere redistribuita”.

Luca Paolazzi, direttore scientifico di FNE, si è detto convinto che “i nostri territori del Nord Est hanno tutte le potenzialità per tornare a correre come in un tempo non lontano” e ha sottolineato che, per il futuro, “il numero di giovani che vivranno in Italia dipenderà non solo dalla fertilità, ma anche dalla capacità di trattenerli e attrarne da altrove. Molti arriveranno dall’Africa subsahariana“.

Il Nordest – ha spiegato Gianluca Toschi, ricercatore senior di FNE – continua ad essere un’area dinamica rispetto al resto d’Italia. Nel periodo che va dal 2000 al 2019 il Pil della macroregione è cresciuto del 9,1%, quello del resto d’Italia del 2,6%. L’area si pone ai vertici nazionali anche per una serie di indicatori che catturano il benessere e sono legati a temi come la qualità delle istituzioni, l’istruzione e formazione e il lavoro. Pur crescendo più del resto d’Italia, il Nord-est negli ultimi vent’anni è tuttavia cresciuto a tassi inferiori rispetto a quelli delle altre macroregioni europee. Una dinamica che ha portato a un sensibile scivolamento verso il basso nella classifica per Pil procapite: dal decimo posto del 2000 al ventottesimo nel 2020 a livello continentale.

Toschi ha parlato pure degli effetti sul lungo periodo del calo demografico: nel 2052 i ‘nonni’ del Nord-est (70-79 anni) saranno quasi il doppio dei loro ‘nipoti’ (0-9 anni). Servirebbero 50mila nuovi lavoratori non qualificati all’anno provenienti da fuori Nord-est per preservare un mondo del lavoro simile a quello attuale.

Toschi, nel soffermarsi sul mutamento del tessuto produttivo nordestino, ha evidenziato come questo abbia perso dal 2001 al 2019 il 16,7% delle unità impiegate nelle attività manifatturiere (da 1.401.832 a 1.167.168), una forza lavoro che purtroppo, è passata a servizi a minor valore aggiunto. Il cambiamento emerge pure da una ricerca effettuata nel campo della meccanica sulle skills più richieste dai capireparto: al declino delle abilità tecniche e fisiche fanno da contraltare il maggiore apprezzamento per le abilità cognitive, la proattività, il pensiero critico, la capacità di gestione e le competenze relazionali.

“Non sarei così pessimista – ha esordito Gianpietro Benedetti, presidente anche di Confindustria Udine -. Il fatto è che viviamo in Italia in un momento in cui l’ascensore sociale si è elevato e le nuove generazioni sono sempre meno numericamente ma anche sempre meno disponibili a fare certi lavori. Oltre all’immigrazione qualificata, serve poi aggiornare la scuola, sin dall’asilo, insegnando le softskills e premiando il merito sia di chi studia, sia dei docenti. Inoltre, bisogna agire sull’orientamento”. Benedetti si è detto convinto che il futuro dipenderà anche dalle conseguenze che comporterà “il passaggio in atto da un mercato globale ad un mercato macroregionale. Tutto ciò influenzerà il fare e anche la logica degli approvvigionamenti. Inoltre, la riduzione della CO2, in cui tutti siamo e saremo impegnati a contribuire, darà nuovo spazio e nuova vita all’economia in tutte le sue fasi”.