Le regole delle associazioni dei lavoratori del secolo scorso, tra tradizioni e obblighi

Temperamento più forte avevano le genti delle zone dove più dura è stata la lotta per la sopravvivenza: sul mare e sui monti. Proprio in queste zone si è verificato un certo associazionismo nel lavoro o, quanto meno, forme consuetudinarie di scambio di aiuto.

Le regole dei pescatori.

I pescatori formavano compagnie con regole fisse, con gara per occupare le zone di pesca e un “giudice” per dirimere le controversie. In montagna, vi erano particolari diritti di pascolatico e legnatico sui beni delle comunità, ma c’era anche il dovere di provvedere a prestazioni gratuite per lavori di pubblica necessità, come manutenzione di ponticelli, strade, vie di montagna, apertura o chiusura dei pascoli a tempo debito, tenere in ordine i zavez (canalini) trasversali nelle strade.

La chiamata per queste opere si faceva con suono di campana e solitamente vi partecipava un rappresentate per ogni “fuoco”: si diceva sunà i strops, là in plovit, là a strados.

I diversi compiti.

Il Meriga provvedeva a far spalare le strade dopo le grandi nevicate: misurava con una pertica il tratto spettante ad ogni famiglia. Il legname veniva sorteggiato, dopo aver accantonato quello di uso industriale; le parti non erano tutte uguali, ma proporzionate alle proprietà della famiglia.

Su un “rotolo” venivano iscritte le famiglie per i turni spettanti a vigilare ovini e caprini durante i pascoli quotidiani, specialmente in primavera ed autunno (quando non erano in malga), perciò per dire che erano di turno dicevano essere di rolo (preferirono poi pagare un capraio pubblico, detto rodul, fornito di corno di richiamo: butul).