La svolta dell’auto elettrica rischia di mandare a casa 5mila lavoratori in Friuli

A rischio 5 mila posti in Friuli con l’elettrica.

A rischio in Friuli Venezia Giulia sono 5mila posti di lavoro. Posti che potrebbero scomparire nel giro dei prossimi 15 anni. L’Unione europea ha tracciato la direzione e ponendo come limite per la produzione di auto a motore tradizionale (quindi benzina, diesel e gas) il 2030. L’obiettivo è quello di operare verso una conversione alle elettriche, ma questo fa vacillare 5 mila posti nella regione.

Sono molte aziende che nella regione Friuli impegnate nel settore automotivo. Tra queste, giusto per citarne alcune, Pinoplast Srl a Pordenone, specializzati nella produzione di prodotti per l’automotive; Adriagomm Srl che si occupa di guarnizione, sempre nel campo delle auto; C.m.o Srl che sempre a Pordenone si occupa di stampi per le auto. Molte di queste aziende si potrebbero facilmente convertire, ma rimane comunque alto il numero di quelle che potrebbero subire un impatto nella transizione prospettata verso le auto elettriche. Un contraccolpo che potrebbe mettere in difficoltà il 10 per cento dell’intero settore produttivo.

Chi è a rischio.

Le imprese del Friuli Venezia Giulia legate all’automotive arrivano anche al 25 per cento di quelle totali del polo delle metalmeccanica e della sua filiera. Lo conferma Sergio Barel, presidente del distretto Comet, oltre che presidente e ad della Brovedani Groupdi San Vito al Tagliamento, azienda leader storica nel settore dell’auto. Come la sua azienda quindi molte sono impegnate nella produzione di auto nel territorio, come la Akka Technologies, ma il problema riguarda quelle imprese il cui fatturato dipende fortemente dall’ambito del motore delle auto. Da qui si è arrivati alla stima già detta dei 5mila posti di lavoro a rischio. Chi si occupa sempre nella filiera dell’auto, ma negli ambiti dei sistemi frenanti, della sicurezza, degli interni e della scocca esterna, per esempio, si pensa che non subirà nessun danno.

Le richieste delle aziende.

Neanche a dirlo, quindi: il settore è molto preoccupato per quello che succederà alle aziende automotive, non solo per i profitti, ma anche per il rischio sociale in cui si potrebbe incorrere. Quello che viene proposto è di mantenere la centralità della nostra industria automobilistica, evitando di delocalizzare. Il settore considera auspicabile che ci siano investimenti dedicati alla filiera dedicati, proprio in ottica della transizione. sia in termini di risorse che di strumenti, anche per favorire lo sviluppo di nuove competenze. In sostanza ci si chiede, in questa area produttiva, di considerare l’opportunità di accompagnare le Pmi verso la transizione green e digitale.