Dazi Usa, stangata da 1 miliardo per l’economia friulana: i settori più a rischio

I settori più esposti in Friuli ai dazi Usa.

Dal prossimo 1° agosto, gli Usa introdurranno dazi del 30% su numerosi prodotti europei. Una misura che rischia di avere un impatto pesantissimo sull’economia del Friuli Venezia Giulia, dove si stima un’esposizione da oltre un miliardo di euro, soprattutto per i comparti manifatturieri, arredo e agroalimentare.

Secondo Confartigianato Fvg, l’export delle micro, piccole e medie imprese regionali verso gli Stati Uniti ammonta a 568 milioni di euro: di questi, oltre 64% riguarda il settore del mobile, mentre circa il 20% è legato all’agroalimentare. L’allarme riguarda però anche il più ampio sistema industriale regionale.

Prevalga la linea del dialogo, non quella delle contromisure europee”, è la prima reazione del presidente di Confartigianato Fvg Graziano Tilatti. “È necessario scongiurare un’escalation protezionistica che penalizzerebbe territori ad alta esposizione come il Friuli Venezia Giulia, che ha sviluppato un volume d’affari con gli Stati Uniti di oltre 2,7 miliardi di euro solo nel 2023”.

A rilanciare l’appello è anche il segretario generale di Confartigianato Fvg, Enrico Eva, che chiede un intervento strutturale: “Servono misure concrete per sostenere la competitività delle nostre imprese: incentivi all’innovazione, diversificazione dei mercati e investimenti infrastrutturali ed energetici. I nostri artigiani hanno già dimostrato resilienza e capacità: ora è il momento di accompagnarli in questa nuova fase”.

I settori più colpiti: non solo arredo e cibo

Secondo i dati elaborati da Confindustria Udine, gli Stati Uniti si confermano il secondo mercato di riferimento per l’export della provincia di Udine, preceduti solo dalla Germania. Le esportazioni verso gli USA sono cresciute dell’8% rispetto al 2023, passando da 587 a 635 milioni di euro. Il mercato statunitense rappresenta il 9% del totale delle esportazioni provinciali a livello mondiale

L’analisi settoriale conferma il ruolo trainante del comparto dei macchinari (CK28), che si conferma il principale motore dell’export udinese verso gli Stati Uniti. Nel 2024 il settore ha registrato una crescita dell’11% rispetto al 2023, raggiungendo un valore esportato pari a 328,4 milioni di euro. Questo rappresenta il 51,7% del totale delle esportazioni verso gli USA e il 20,7% delle esportazioni di macchinari udinesi nel mondo, confermando una fortissima specializzazione verso questo mercato.

• Al secondo posto per rilevanza si posizionano i mobili (CM31), con 67,4 milioni di euro esportati, pari all’10,6% dell’export verso gli USA e al 15,4% dell’export mondiale del settore. Il comparto cresce dell’11,2% rispetto all’anno precedente, mostrando una buona dinamica su un mercato consolidato.

Gli altri settori a rischio.

• Anche il settore dei prodotti in metallo (CH25) – esclusi i macchinari – mantiene una quota significativa, con 50,3 milioni di euro esportati, pari al 7,9% del totale export verso gli USA e al 9,2% dell’export mondiale del comparto. Tuttavia, si registra un calo del 39,2% rispetto al 2023, che merita attenzione in ottica di competitività.

• Molto positiva invece la performance delle apparecchiature elettriche (CJ27), che registrano 42,9 milioni di euro di export, in crescita del 105,1% rispetto all’anno precedente. Queste esportazioni rappresentano il 6,8% del totale verso gli USA e il 13,1% del totale mondiale del settore, evidenziando un’espansione significativa in questo segmento ad alto contenuto tecnologico.

• Il settore della metallurgia (CH24) ha registrato esportazioni per 34,2 milioni di euro, pari al 5,4% dell’export verso gli USA e all’1,8% del totale mondiale. Si osserva in questo caso un calo del 19,3% rispetto al 2023, pur rimanendo uno dei comparti storicamente più rilevanti.

• Le bevande (CA11) mostrano una crescita del 10,2%, con 18,7 milioni di euro esportati verso gli USA, pari al 2,9% del totale export USA e a un significativo 26% delle esportazioni mondiali del comparto, testimoniando un forte orientamento verso il mercato statunitense per questo tipo di prodotti.

• Anche il settore dei prodotti elettronici e ottici (CI26), che include strumenti di misura e apparecchi elettromedicali, ha avuto una performance positiva: 15,9 milioni di euro esportati nel 2024, in crescita del 40,8%, pari al 2,5% dell’export verso gli USA e al 9,0% dell’export mondiale del comparto.

• Infine, i prodotti alimentari (CA10) rappresentano una quota più contenuta con 14,1 milioni di euro esportati, pari al 2,2% dell’export verso gli USA e al 3,6% dell’export mondiale del settore, in lieve flessione rispetto al 2023 (-3,5%).

Scenario e rischi sul commercio

Attualmente, le esportazioni verso gli Stati Uniti sono soggette a dazi del 50% su acciaio e alluminio, del 25% sul comparto automobilistico e del 10% su diverse categorie merceologiche. A partire dal 1° agosto 2025, l’aliquota del 10% sarà sostituita da un dazio uniforme del 30% su tutti i prodotti coinvolti.

In assenza di un nuovo accordo commerciale, tale misura – aggravata dalla svalutazione del dollaro del 13% rispetto a gennaio – rischia di compromettere la competitività delle imprese locali, in particolare nei settori ad alta incidenza export come meccanica, arredo e metalmeccanica

Pozzo (Confindustria): “Serve un nuovo patto industriale con gli USA”

Preoccupata anche Confindustria Udine, tramite il presidente Lugino Pozzo, che evidenzia un problema strutturale legato alla natura dell’export regionale: “Molti dei beni esportati, come i macchinari, sono realizzati su richiesta specifica e non sono beni di consumo. Questo comporta un aumento immediato dei costi per chi deve produrre negli USA, rendendo meno conveniente anche per loro acquistare”, sottolinea Pozzo.

“Se davvero si vuole rilanciare la produzione interna, gli USA dovrebbero favorire gli investimenti in impianti e non ostacolarli. Confido che il buon senso prevarrà: è urgente ristabilire un accordo solido tra Europa e Paesi del Patto Atlantico, sia sul piano industriale che geopolitico. In questa fase di post-globalizzazione, serve una collaborazione stretta per ricostruire filiere strategiche e non cedere terreno ai Paesi emergenti”.