Mario Candotto aveva 99 anni.
È morto a 99 anni Mario Candotto, partigiano friulano e sopravvissuto al campo di concentramento di Dachau, dove fu deportato nel 1944 insieme alla sua famiglia. Figura simbolo della Resistenza e della memoria dell’Olocausto, Candotto viveva a Ronchi dei Legionari, in provincia di Gorizia, nella stessa casa da cui i fascisti lo portarono via il 24 maggio del ’44.
Candotto era nato a Porpetto il 2 giugno 1926. Operaio ai cantieri navali di Monfalcone, fu staffetta partigiana per la brigata Bruno Montina (GAP). Dopo l’arresto, fu internato nel campo di Dachau e costretto a lavorare come tornitore nella fabbrica Bmw. In quel lager perse il padre Domenico; la madre e due sorelle furono deportate ad Auschwitz, dove trovarono la morte.
Rientrato a casa dopo la guerra, Candotto non smise mai di raccontare. Ha dedicato la vita a testimoniare gli orrori vissuti, portando la sua storia nelle scuole e partecipando a viaggi della memoria insieme a centinaia di studenti. Nonostante tutto, ricordano in molti, riusciva a essere un uomo gentile e sorridente.
“Chissà se mia madre è stata piegata dagli stenti o uccisa con la pistola“, raccontava in una delle sue testimonianze pubbliche. Il dolore, però, non gli ha mai impedito di lottare per trasmettere i valori dell’antifascismo.
Tra i primi a ricordarlo, Sebastiano Badin, segretario regionale di Sinistra Italiana: “Eroe della Resistenza e testimone instancabile dell’Olocausto, Mario ha rappresentato un faro nella difesa della libertà e della giustizia. La sua vita resterà un simbolo di coraggio e memoria”.
Anche il giornalista Gad Lerner ha voluto omaggiarlo: “Piango la scomparsa di Mario Candotto, ragazzo partigiano deportato a Dachau. Due fratelli uccisi nella Resistenza, la madre morta ad Auschwitz, il padre a Dachau. Non ha mai smesso di testimoniare, ed era capace di essere allegro. Gli ho voluto bene. Non lo dimenticheremo“. Candotto lascia una memoria viva, fatta di parole, incontri e coscienza civile. Un testimone prezioso, che ha trasformato il dolore in impegno per le nuove generazioni.