Martina Oppelli è morta in Svizzera.
Martina Oppelli, 50enne triestina affetta da sclerosi multipla da oltre vent’anni, è morta questa mattina in Svizzera, dove ha potuto accedere al suicidio medicalmente assistito. La notizia è stata diffusa dall’Associazione Luca Coscioni.
La donna, che da tempo lottava per vedersi riconosciuto il diritto al fine vita, è stata accompagnata da Claudio Stellari e Matteo D’Angelo, iscritti a Soccorso Civile, l’associazione che assiste chi decide di porre fine alle proprie sofferenze all’estero. Marco Cappato, rappresentante legale dell’associazione, ha coordinato il supporto logistico ed economico fornito anche da altre 31 persone, i cui nomi saranno resi pubblici.
Il suicidio assistito negato e la decisione di andare in Svizzera.
Martina Oppelli aveva ricevuto per tre volte il diniego da parte dell’azienda sanitaria Asugi per la verifica delle condizioni che le avrebbero consentito di accedere al suicidio assistito, poiché le era stato contestato di non essere sottoposta a trattamenti di sostegno vitale, nonostante la sua totale dipendenza dall’assistenza continua e da dispositivi medici.
Per questo motivo lo scorso 19 giugno – assistita dal team legale coordinato da Filomena Gallo, avvocata e Segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni – Oppelli ha presentato un’opposizione al diniego, accompagnata da una diffida e messa in mora nei confronti dell’azienda sanitaria. A seguito della diffida, è stata avviata una nuova procedura di valutazione da parte della commissione medica, ma Martina Oppelli ha deciso di andare in Svizzera per accedere all’aiuto alla morte volontaria perché era impossibile per lei attendere altro tempo per una risposta.
In un video registrato in Svizzera e diffuso dall’Associazione Luca Coscioni, Martina Oppelli ha lasciato un appello accorato rivolto a parlamentari e cittadini, chiedendo una legge sul fine vita che sia sensata, rapida e rispettosa del dolore di chi soffre.
Il suo ultimo messaggio.
“Gentili parlamentari e concittadini tutti, non so se vi ricordate di me, sono Martina Oppelli. Più di un anno fa feci un appello a tutti voi affinché venisse promulgata e approvata una legge, una legge sensata che regoli il fine vita, che porti a un fine vita dignitoso tutte le persone, malate, anziane, ma non importa, prima o poi tutti noi dobbiamo misurarci con la fine della nostra vita terrena. Sì, questo appello è finito nel vuoto.
Io all’epoca, ormai due anni fa, mi appellai alla sentenza Cappato per poter accedere al cosiddetto suicidio assistito presso l’azienda sanitaria della mia Regione. Per ben tre volte mi è stato negato, benché io ne avessi il diritto, ma chissà, forse non abbastanza, forse non lo so perché, io non ho tempo per aspettare un quarto diniego, ma anche se fosse un assenso io ero allo stremo delle mie forze. Sono in Svizzera, sì, forse una fuga direte voi, no, no, no, è un ultimo viaggio.
Ho pensato che forse avrei dato meno fastidio, meno problemi, fuggendo all’estero, com’è la cosiddetta fuga di cervelli all’estero, ma non importa, sono qui e voglio restare qui e morire dignitosamente qui in Svizzera. Ma perché, perché dobbiamo andare all’estero, perché dobbiamo pagare, anche affrontare dei viaggi assurdi? Io ho fatto un viaggio lunghissimo, dopo che non uscivo da casa da più di un mese e non lasciavo la mia città da oltre undici anni, è stato veramente uno sforzo titanico, ma l’ho fatto per avere una fine dignitosa alla mia sofferenza, per piacere. Io non voglio che questo iter si ripeta per altre persone, non potete rimandarci sempre a settembre, ogni anno a settembre, perché ci sono urgenze più grandi.
Sappiate che sono pienamente consapevole che esistono tragedie enormi, genocidi, terremoti, alluvioni e che magari la misera vita di una singola persona e la sua sofferenza appaiono troppo piccole in confronto a una guerra, ma il macrocosmo è fatto da infiniti microcosmi, già, e ogni microcosmo ha un proprio dolore e ogni dolore è assoluto nel momento in cui viene vissuto e va rispettato. Quindi, per piacere, ascoltate anche noi, non accomunate immagini di guerre, battaglie, terremoti anche alla mia immagine o all’immagine di altri malati, come se fossi quasi offensivo, sì, è offensivo pensare di sperare, di porre fine alle proprie sofferenze, quando altre persone fanno di tutto per vivere. Anche noi abbiamo fatto di tutto per vivere, credetemi.
Io sono 30 anni che mi arrampico sugli specchi pur di conservare questo sorriso che si sta lentamente spegnendo, rispettate ognuno di noi. Simone Weil, grande filosofa francese, scriveva “ognuno ha il proprio olocausto privato.” Così, il fine vita tocca a tutti prima o poi, può accadere a 120 anni, può accadere a 50, può accadere prima, ogni scelta va rispettata.
Fate una legge che abbia un senso, una legge che tenga conto di ogni dolore possibile, che ci siano dei limiti, certo, delle verifiche, ma non potete fare attendere due, tre anni prima di prendere una decisione. In questi ultimi due anni il mio corpo si è disgregato, io non ho più forza, ma non ho più forza nemmeno di respirare delle volte, perfino i comandi vocali non mi capiscono più. Ecco, io ho anche il catetere vescicale, ho un tubo di scappamento come una macchina al quale non sarei mai voluta arrivare, perché io non sono una macchina, sono un essere umano, io non funziono, io vivo e voglio vivere dignitosamente fino alla fine, o desideravo. Adesso desidero morire dignitosamente, per piacere.
Fate una legge sensata, cercate di mettervi nei panni di chiunque, di chiunque. Non esiste nessuna guerra utile in questo mondo, ogni battaglia è inutile, mettiamo da parte le diatribe politiche, perché non esiste destra o sinistra o centro, siamo tutti esseri umani, tutti, per piacere, per piacere, legiferate, ma legiferate con buon senso. Scusate il disturbo, me ne vado in silenzio, io miro all’oblio, non cercavo la fama, forse cercavo solo di evitare la fame in questi anni, lavorando onestamente, pagando le tasse onestamente, pagando anche i contributi di chi mi assisteva giorno e notte in questo paese onestamente. Perché sono dovuta venire qui all’estero? Perché non ce la facevo più ad aspettare, non ce la facevo più. Per piacere fate una legge che abbia un senso e che non discrimini nessuna situazione plausibile. Scusate il disturbo”.