Sucidio assistito, terzo no per la triestina Martina: “Ora valuto la Svizzera”

Terzo diniego per il suicidio assistito di Martina Oppelli. La triestina si dice pronta a valutare la Svizzera.

Ancora un no dall’Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina (Asugi) alla richiesta di suicidio medicalmente assistito presentata da Martina Oppelli, 49 anni, triestina affetta da una forma grave di sclerosi multipla secondaria progressiva da oltre vent’anni. La donna, tetraplegica e completamente dipendente da assistenza, ha ricevuto il terzo diniego ufficiale lo scorso 4 giugno, motivato dalla commissione medica con il fatto che, secondo loro, Oppelli non sarebbe tenuta in vita da un trattamento di sostegno vitale, uno dei requisiti stabiliti dalla sentenza n. 242/2019 della Corte costituzionale per accedere al suicidio assistito.

A rendere noto questo sviluppo sul caso è l’Associazione Luca Coscioni, che supporta la donna nel suo percorso legale e sanitario. “L’azienda sanitaria infligge a Martina un trattamento disumano, una forma di tortura”, ha dichiarato Filomena Gallo, avvocata e segretaria nazionale dell’associazione, sottolineando la sofferenza di Oppelli e il rifiuto istituzionale che continua a subire.

Martina Oppelli, che convive da anni con una grave disabilità, ha raccontato di aver “rispettato tutte le regole” e “lottato con dignità”, ma ora si dice rassegnata e pronta a “andare in Svizzera” per trovare quella “dolce morte” che l’Italia continua a negarle. “Basta soffrire”, ha dichiarato, mostrando tutta la sua frustrazione per una situazione giudicata insostenibile.

La storia di Martina Oppelli.

La storia di Martina è quella di una vita di dolore e dipendenza. I primi sintomi della malattia si manifestarono alla fine degli anni ’90 e nel 2002, a 28 anni, ricevette la diagnosi definitiva di sclerosi multipla. Oggi la sua condizione è gravemente degenerata: è immobilizzata a letto, completamente assistita da caregiver, con dolori cronici e spasmi costanti. Ogni funzione vitale viene supportata quotidianamente da farmaci salvavita, una macchina per la tosse che le evita il soffocamento, e assistenza per igiene ed evacuazione.

Nonostante questo, per la commissione medica di Asugi non si tratta di un trattamento di sostegno vitale secondo i criteri fissati dalla Consulta. In contrasto con questa valutazione, le sentenze della Corte costituzionale hanno chiarito che anche quei trattamenti eseguiti da caregiver o familiari – come l’aspirazione del muco, la gestione della respirazione e l’assunzione costante di farmaci – devono essere considerati vitali se la loro interruzione comporterebbe la morte.

Il percorso legale di Martina è stato lungo e difficile. Dopo i primi due dinieghi, nel luglio 2024 il Tribunale di Trieste le diede ragione imponendo ad Asugi di rivalutare la sua richiesta. Tuttavia, anche dopo questa sentenza e la nuova relazione inviata nel giugno 2025, l’azienda sanitaria ha confermato il suo rifiuto.

Ora Martina si trova davanti a una scelta drammatica: continuare a vivere in una condizione di sofferenza estrema o spostarsi all’estero, in un Paese come la Svizzera, dove il suicidio assistito è legale. “Se lo Stato mi abbandona, andrò all’estero”, ha detto con amarezza.