Quel boato nel silenzio: 49 anni fa, il terremoto che cambiò il Friuli

Alle 21 del 6 maggio 1976, il Friuli venne sconvolto da 59 secondi che cambiarono tutto: una scossa di terremoto di magnitudo 6.4 colpì la fascia collinare a nord di Udine, devastando paesi interi come Gemona, Venzone, Osoppo e Majano. Le vittime furono quasi mille, oltre 3.000 i feriti e più di cento i comuni colpiti tra le province di Udine e Pordenone.

Gemona pagò il tributo più alto: 400 morti e un centro completamente distrutto. E mentre la terra non smetteva di tremare, con una forte replica il 15 settembre (magnitudo 5.9), il Friuli si ritrovava piegato ma non spezzato.

Le celebrazioni per le vittime dell’Orcolat.

Oggi, a 49 anni da quella tragedia, il ricordo dell’Orcolat – la figura mitica friulana che incarna il terremoto – resta vivo. Alle 21, in moltissimi comuni friulani, le campane suoneranno all’unisono per richiamare al silenzio e alla memoria. A Vendoglio, nella chiesa di San Michele, una Santa Messa alle 20 sarà dedicata a vittime e sopravvissuti.

Le celebrazioni toccano luoghi simbolo come Venzone e Gemona. A Venzone, oggi alle 18 cittadini e autorità faranno il giro dei cimiteri delle frazioni per rendere omaggio alle vittime mentre alle 20 in Duomo sarà il momento della messa celebrata dal vescovo Lamba. Alle 21, il rintocco di 49 campane segnerà il momento del ricordo.

Anche Gemona renderà omaggio con una giornata intensa: dall’alzabandiera e le cerimonie ufficiali di stamattina, alla commemorazione nella caserma della Brigata Alpina Julia, fino alla messa serale (alle 19.45) seguita dal corteo verso il cimitero comunale.

Dalla tragedia alla rinascita.

Il dolore di quei giorni è ancora presente, ma il Friuli è anche simbolo di rinascita e dignità. La solidarietà arrivata da ogni parte d’Italia e d’Europa, la guida del commissario Zamberletti, e il coinvolgimento attivo di sindaci, parroci e cittadini diedero vita a un processo esemplare: il “modello Friuli”. Una ricostruzione basata sul principio “dov’era, com’era”, ma con uno sguardo al futuro.

Le dichiarazioni.

In questo anniversario si riflette anche sul significato della memoria. Lo ricorda l’eurodeputato Alessandro Ciriani: “La generazione della ricostruzione si sta spegnendo. Serve un impegno concreto per trasmettere quei valori a chi oggi non li ha vissuti”. Ciriani ha ricordato anche il ruolo dell’Europa, che allora intervenne con 55 miliardi di lire: un gesto senza precedenti da parte della CEE.

“A 49 anni di distanza dal devastante terremoto che colpì il Friuli, ricordiamo con rispetto e commozione le vittime di quella tragedia e l’immenso coraggio dimostrato dalla nostra comunità. Un dramma che ha segnato profondamente la storia di questa terra, ma che ha anche visto la straordinaria capacità di rinascita e solidarietà del nostro popolo” ha detto il consigliere regionale Mauro Di Bert. “Non fu solo un evento tragico, ma un simbolo di resilienza. Le macerie hanno dato spazio a nuove vite, nuovi edifici, nuove strutture sociali ed economiche. Il Friuli ha saputo risollevarsi, diventando esempio per tutto il Paese di come, nonostante il dolore, si possa reagire e ricostruire”.

“Oggi ricordiamo con rispettoso cordoglio le quasi mille vittime del tremendo terremoto che scosse il Friuli la sera del 6 maggio di 49 anni fa. Quella tragedia segna però una rinascita che per i secoli a venire sarà simbolo di solidarietà e riscossa. La gente friulana divenne esempio universale. Risuonerà per sempre la frase di Pre Checo Placereani nella famosa messa di suffragio per le vittime “Il Friûl al á di vignî fûr dal taramot pal cjâf, no pai pîts.” Il Friuli deve uscire dal Terremoto con la testa, alla maniera dei vivi, non con i piedi alla maniera dei morti. La testa rappresentava l’innovazione, il progresso, l’Università, i piedi rappresentavano una nuova immigrazione.
Auguriamoci che questa frase possa sempre ispirare le generazioni presenti e future, coloro che rimangono e coloro che se ne vanno” le parole del consigliere regionale, Furio Honsell.