Il Friuli che non ti aspetti. Lo raccontano Cisilino e Santi a Vicino/lontano

L’evento, dedicato alle figure di Raimondo D’Aronco e Giuseppe Marchetti, si terrà l’11 maggio

Raimondo D’Aronco e Giuseppe Marchetti sono i Friulani visionari” di cui parleranno Flavio Santi e William Cisilino, domenica 11 maggio, alle 11.00, alla Torre di Santa Maria (via Zanon 24), in una nuova performance a due voci curata dall’ARLeF – Agenzia regionale per la lingua friulana nell’ambito della nuova edizione di Vicino/lontano. Due uomini, due sognatori, nati in Friuli in periodi differenti, che hanno saputo plasmare e arricchire la cultura del loro tempo e la nostra. Abbiamo domandato a William Cisilino, direttore dell’ARLeF, di raccontarci qualcosa in più sul suo intervento che si concentrerà sulla figura di Marchetti.

Direttore, innanzitutto, chi era Giuseppe Marchetti?

È stato, a giudizio di molti, il più grande intellettuale friulano del ‘900. Non a caso Pasolini scrisse: “In Friuli ho avuto, che io sappia, un solo lettore: Marchetti”. Eppure il suo nome resta ancora ai margini della memoria collettiva, non solo per ignoranza, ma anche per un atteggiamento tutto friulano: si celebra solo chi ha avuto gloria fuori casa. Un altro grande intellettuale, Gianfranco D’Aronco, definiva tale mentalità “bovarismo culturale”.

Un uomo che non temeva di dire ciò che pensava.

Sì, fu un uomo senza peli sulla lingua. Confinato dal Fascismo per le sue idee autonomiste e attivo nella Resistenza al ritorno dal confino. Un prete “scomodo”, spedito in Etiopia per le sue opinioni “divergenti” e poi escluso dagli ambienti ecclesiastici friulani. Decise quindi di diventare insegnante nelle scuole pubbliche e questa sua riacquistata libertà gli permise non solo di dedicarsi alla ricerca e allo studio, ma anche all’impegno civile. Cence parons.

Cosa ha fatto per la nostra terra?

Marchetti fu pioniere del friulanismo culturale e politico: nel 1946 fondò, con Felix Marchi, il periodico “Patrie dal Friûl”, voce della battaglia autonomista. Non solo: possiamo  considerarlo a buon diritto il “padre” della lingua friulana moderna. Fu lui infatti a scrivere la prima vera grammatica della lingua friulana, contribuendo a codificarne grafia e lingua standard. Letterato finissimo, fu autore di opere in marilenghe considerate ancora oggi tra le vette della prosa friulana.

Ma anche il suo apporto come storico dell’arte, fu notevole.

A lui si devono studi pionieristici sulla scultura lignea e sulle chiesette votive. Ha valorizzato un patrimonio fino ad allora marginalizzato. Ma il suo lascito più grande è forse il volume “Friuli. Uomini e tempi”, un omaggio corale alla “numerosa brava gente” che ha fatto la storia della nostra terra senza clamori. Fu anche un formidabile maestro: a lui si deve la nascita di una vera scuola letteraria, Risultive, che ha formato figure come Dino Virgili, Riedo Puppo, Novella Cantarutti.

Fu anche autore di una “Controstoria” del Friuli

Opera originale e stimolante. Secondo Marchetti, la storia insegnata a scuola serviva – e in parte serve ancora – più a trasmettere le idee dei poteri dominanti che a ricostruire fedelmente i fatti. Tant’è vero che le narrazioni cambiano a seconda delle esigenze del momento. La sua controstoria nasce così: per offrire uno sguardo diverso, più libero, su ciò che spesso resta ai margini, se non peggio, della memoria ufficiale.