Allarme Pm10 a Gorizia, Legambiente: “Cittadini non informati, perchè?”

Incendi sul Carso e Pm10, i dubbi di Legambiente.

Gli incendi boschivi divampati sul Carso italiano e sloveno a partire dal 16 luglio scorso e durati quasi una settimana, hanno distrutto una superficie totale superiore ai 40 km quadrati, paragonabili all’estensione del Comune di Gorizia, e hanno prodotto fumo e polveri sottili in grandi quantità.

Il particolato (PM10 e PM2.5) è stato disperso dal vento in varie direzioni, raggiungendo più volte anche la città di Gorizia, dove secondo quanto rilevato da Legambiente Gorizia si sono registrati importanti sforamenti dei valori che seppur brevi sono considerati non tollerabili per la salute umana secondo gli studi scientifici, e in particolare secondo le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che fissano valori di esposizione di gran lunga inferiori a quelli europei.

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Concentrazione oraria di PM10 e 2.5 rilevata dalla centralina ARSO di Nova Gorica

“Svariati studi – sottolinea in una nota Legambiente Gorizia – dimostrano come l’esposizione acuta a valori elevati di particolato risulta direttamente correlata con l’aumento della mortalità e con l’aumento di ricoveri per patologie respiratorie e cardiovascolari. L’effetto tossico si evidenzia in particolare su soggetti quali gli anziani, i bambini e le persone con malattie cardiocircolatorie e respiratorie croniche e asma.

Ma non esistono soltanto le medie giornaliere, che invece sono state usate come unico riferimento dalle nostre Istituzioni perché riferite alle leggi attuali. Studi – prosegue la nota – dimostrano che si possono avere danni gravi alla salute delle persone anche in seguito ad esposizioni per brevi periodi a valori elevati di particolato, come emerge anche dalla Linee guida per le esposizioni per inalazione al particolato del Dipartimento di Salute degli Stati Uniti d’America, o come da uno studio condotto proprio a Monfalcone qualche anno fa che aveva evidenziato un raddoppio del rischio d’infarto entro 5 giorni da un picco delle PM10 superiore a 50 μg/m3, specie nelle donne con più di 65 anni”.

Legambiente afferma quindi di aver dato comunicazione di queste considerazioni al sindaco (quale prima autorità di salute pubblica), ad ASUGI, all’ARPA e alla Prefettura. “Infatti mentre Monfalcone e altri comuni limitanei, così come Nova Gorica, hanno lanciato una campagna di comunicazione (o adottato ordinanze) invitando la gente a proteggere le vie respiratorie e le persone deboli, ed evitare gli spostamenti, a Gorizia diversamente non si capisce per quale motivo non sono stati usati i canali di comunicazione ufficiali come le due pagine Facebook o il sito internet del Comune con messaggi di allerta ripetuti. Sono state date solo comunicazioni sui profili social personali del sindaco, per altro diluite all’interno di post di aggiornamento generale. Risulterebbe che solo una volta è stato adottato l’uso dell’allerta telefonica (Allert system), che non è noto quanti iscritti abbia”.

Legambiente Gorizia si chiede quindi “per quale motivo i cittadini di Gorizia sono stati lasciati esposti a livelli alti di polveri sottili come nella giornata del 19 luglio in cui si verificò un picco di ben 500 μg/m3 e di cui tutti ricordano la gran quantità di fumo rimasta insaccata in città a causa dei colli circostanti per diverse ore. O ancora come sia stato possibile lasciare organizzare in piazza della Vittoria il festival Amidei la sera del 21 luglio quando la concentrazione di PM10 (misurata per altro dall’ARPA nella stessa piazza!) aveva raggiunto i 171 μg/m3.

Il problema della qualità dell’aria non riguarda soltanto gli incendi. Legambiente, ISDE ed altri enti già da diversi anni a Gorizia e altri Comuni insieme ad istituti scolastici hanno lanciato un progetto scientifico di analisi e divulgazione nel progetto Genki (www.genkiproject.org). Infatti, periodicamente specialmente in inverno i livelli di particolato superano le soglie di legge, ma il problema è che secondo l’OMS quelle attuali in vigore in Europa sono già troppo alte. Gli studi epidemiologici mostrano non solo che per molti esiti sanitari il rischio cresce all’aumentare dell’esposizione al PM10; ma che le evidenze disponibili sembrano suggerire l’assenza di un valore soglia al di sotto del quale si possano escludere conseguenze sulla salute”.