Strage di pesci sull’Isonzo, carpe, lucci e anguille muoiono nel fiume in secca: cosa è successo

Foto di Michele Tofful

La moria di pesci dell’Isonzo.

Il fiume Isonzo, in particolare il tratto tra Gradisca e Sagrado, è apparso ieri in una veste surreale. Il letto del fiume, visibile perchè completamente privo di acqua, si è trasformato in una distesa di sassi e pesci che, sorpresi dalla secca, vi sono rimasti intrappolati e sono morti.

Diverse le razze, tra carpe, lucci, anguille, trote, savette e molte altre. Varietà anche negli esemplari, di cui molti giovani nel pieno del loro potenziale riproduttivo, per un danno all’equilibrio dell’ecosistema la cui portata non è facile valutare, ma che è scuramente importante.

Una concomitanza di fattori hanno contribuito a creare questa situazione mortale per la fauna fluviale dell’isontino. Tra le prime c’è senz’altro l’imperante siccità dell’ultimo periodo: in Friuli Venezia Giulia non piove infatti da febbraio. Tuttavia, l’assenza di precipitazioni non sarebbe l’unica causa.

Il ruolo della diga di Salcano.

La polemica si è, infatti, estesa alla vicina Slovenia, dove si trova la diga di Salcano, che immette acqua nel corso del fiume. L’afflusso, secondo molti, sarebbe stato troppo limitato in un periodo di grave siccità come non se ne vedevano da tempo. L’amministrazione goriziana ha così chiesto la convocazione d’urgenza della commissione mista italo-slovena per l’idroeconomia, per discutere delle conseguenze che il flusso di acqua minimo dalla diga ha avuto sull’ecosistema locale.

Per limitare i danni, l’Etpi (l’Ente Tutela Pesca) ha rimandato l’apertura della stagione di pesca di una settimana, con possibilità di estendere la proroga se la siccità dovesse perdurare. Il personale dell’ente ha inoltre recuperato dal letto del fiume alcuni esemplari sopravvissuti, per poterli poi ricollocare. Un’azione che, secondo alcuni pescatori, andava fatta prima, considerato che la siccità e il poco afflusso dalla diga slovena erano condizioni già conosciute.