Birrifici artigianali del Friuli lasciati a secco dalla pandemia

La produzione di birra artigianale in crisi.

La pandemia ha messo in ginocchio anche i produttori di birra artigianale, un settore divenuto molto popolare in Friuli. Secondo l’associazione di categoria Unionbirrai tra i piccoli produttori ci sono state perdite di fatturato arrivate fino al 90%. Il motivo è principalmente legato alla chiusura dei bar e dei ristoranti. “Il comparto della birra artigianale italiana, segue principi di filiera corta e territorialità e si esprime nei canali commerciali tipicamente legati a quelli della somministrazione”, spiega Vittorio Ferraris, direttore dell’associazione. 

Tra i più colpiti ci sono i produttori della nostra montagna, come il Birrificio di Resiutta. “Il nostro calo delle vendite è quasi totale, in quanto vendevamo solamente sul posto – dice il titolare Massimo Beltrame – . Il 50% dei nostri dipendenti è in cassa integrazione e ancora, onestamente, non sappiamo cosa aspettarci dal futuro”. La consegna a domicilio è stata attiva durante tutti i periodi di chiusura ma, spiega Beltrame, “trovandoci in comuni di montagna diventa problematico lavorare solo con la popolazione del posto e non con i visitatori”.

Ma la situazione non è diversa nel resto del Friuli. Anche il Birrificio artigianale Campestre di Corno di Rosazzo ha registrato un drastico calo delle vendite. “Abbiamo registrato cali generali di circa l’ 80% – afferma il proprietario Giulio Cristancig –. Per noi la chiusura dei locali è stata una grossa perdita, anche perché la maggior parte delle vendite veniva realizzata proprio nel locale di nostra gestione. Durante l’estate abbiamo potuto avere qualche entrata in più per risanare le perdite dello scorso inverno, ma l’asporto e la consegna a domicilio non sono sufficienti per gestire l’attività”.