San Giorgio di Nogaro, il progetto dell’acciaieria “green” e i dubbi del Friuli

L’ipotesi della nuova acciaieria a San Giorgio di Nogaro divide il Friuli.

Presentata dalla Regione ancora nel 2021, poi confermata con l’attribuzione degli incarichi alle Università di Udine e Trieste per valutarne la compatibilità ambientale, e ora circondata da molti silenzi e caratterizzata da una certa ritrosia a prese di posizione chiare (almeno di quelle a favore): è l’ipotesi della nuova acciaieria “green” che dovrebbe sorgere a San Giorgio di Nogaro, in zona Aussa Corno, poco lontano dalla Laguna di Marano, e che sta spaccando il Friuli.

L’idea lanciata è quella di un mega sito siderurgico con una produzione tra i 2,4 e i 4 milioni di tonnellate l’anno, che darebbe lavoro a migliaia di persone e richiederebbe l’arrivo di imbarcazioni da 20mila tonnellate di portata. Un colosso, insomma, tanto che si dice che si tratti di uno stabilimento simile all’Ilva, per capire le proporzioni.

I protagonisti della vicenda sono l’ucraina Metinvest e la friulana Danieli che proprio qualche giorno fa hanno annunciato pubblicamente una joint venture per un nuovo insediamento in Italia, con un investimento da 2 miliardi di euro. Senza, però, specificare il luogo del nuovo centro di produzione. In Friuli, ovviamente, hanno tutti drizzato le orecchie.

Le due società hanno infatti spiegato in una nota ufficiale che sono in corso studi ambientali ed economici per individuare il sito idoneo, dove l’acciaio green sarà prodotto grazie ad un forno elettrico ad arco e “alle più avanzate tecnologie sostenibili di produzione dell’acciaio – cita la nota -, fornite dal Gruppo Danieli”.

Le proteste contro l’acciaieria di San Giorgio di Nogaro.

Comitati e associazione ambientaliste sono stati forse i primi a insorgere, ma non sono stati gli unici. Tra le voci contrarie, ci sono quelle del Coordinamento Difesa Ambientale della Bassa Friulana, il Comitato “Giù le mani dalle fontane” e quello per la Difesa del Friuli Rurale, ma anche quelle di Legambiente e del Wwf. Il progetto, per loro, è una follia perché andrebbe a impattare su un ecosistema delicato, quello della Laguna.

Secondo gli ambientalisti, l’arrivo di navi di una tale portata richiederebbe dragaggi profondi in un’area di pregio naturalistico; la realizzazione una nuova banchina per le navi, con lo sfondamento del fiume Corno creerebbe un disastro ambientale. Senza contare l’aumento considerevole del traffico di mezzi pesanti. Alcuni esperti, poi, sostengono che “non esiste un impianto siderurgico green”.

C’è però un altro settore che teme questo nuovo insediamento e lo teme per ragioni economiche: si tratta degli operatori turistici. Non a caso, anche i commercianti di Lignano (ma i timori sono diffusi pure a Grado) hanno espresso i loro dubbi sul progetto, anche perché l’ipotesi del polo siderurgico è finita sui giornali austriaci, molti dei quali frequentano le nostre coste.

Assomarinas, l’associazione italiana porti turistici, si è espresso negativamente e l’ha definito “una minaccia per cittadini e imprese turistiche che si trovano nel cuore della Laguna, la seconda in Italia per importanza turistica”, sottolineando che secondo lo studio che l’associazione stessa ha commissionato, il polo siderurgico “comporterebbe l’emissioni di odori e polveri diffusi con ricadute potenziali fino a Lignano”. La petizione contro l’acciaieria, nel frattempo, ha raccolto 13mila firme. Conteranno? Non si sa. Ora sarà da vedere come si evolverà la vicenda e cosa farà la Regione Fvg.