Dal Friuli al Campiello: un laureato dell’Università di Udine conquista il premio Opera Prima

Antonio Galetta è il vincitore del Premio Campiello opera prima.

È stato allievo della Scuola Superiore “di Toppo Wassermann” dell’Università di Udine Antonio Galetta, il giovane scrittore che si è aggiudicato il prestigioso Premio Campiello Opera Prima con il suo romanzo d’esordio Pietà, pubblicato da Einaudi e già finalista del Premio Calvino. Un riconoscimento importante che mette in luce, oltre al talento dell’autore, anche la qualità del percorso formativo che ha seguito in Friuli.

Galetta ha studiato per cinque anni all’interno della Scuola Superiore dell’Ateneo friulano e del Dipartimento di Studi umanistici e del patrimonio culturale. Qui ha conseguito la laurea triennale in Lettere e successivamente quella magistrale in Italianistica, discutendo una tesi intitolata Gomorra di Roberto Saviano: genealogia e genesi, sotto la supervisione della professoressa Silvia Contarini, docente di letteratura italiana. Attualmente prosegue la sua formazione accademica come dottorando all’Università di Pisa, in cotutela con la Sorbona di Parigi.

“Nel 2016, quando sono arrivato in Friuli – racconta Galetta – avevo diciott’anni, ero un autodidatta pieno di entusiasmo ma con poca consapevolezza. La possibilità di studiare alla Scuola Superiore dell’Università di Udine mi ha insegnato che leggere e scrivere ha ancora tutto il senso del mondo, e mi ha fatto incontrare alcune delle persone più importanti della mia vita. Non è vero che la provincia è sempre marginale: ci sono luoghi come Udine dove si coltiva una resistenza al disincanto che spesso manca nelle grandi città, e che spero non venga mai meno”.

A esprimere soddisfazione per il risultato anche la sua relatrice, la professoressa Silvia Contarini, che sottolinea: “Sono felice e orgogliosa del riconoscimento attribuito al romanzo di Antonio, che abbiamo anche avuto l’occasione di presentare a Udine. È un autore di talento, ma anche un giovane critico sensibile e attento. Il suo percorso rappresenta al meglio una generazione di umanisti formatisi nella nostra Scuola, che negli anni ci ha dato grandi soddisfazioni. È una conferma della vitalità, spesso troppo poco riconosciuta, dei nostri studi”.