Dall’Università di Udine il primo studio pilota al mondo sul trapianto del fegato

Scoperto dal Dipartimento di Area medica dell’università di Udine.

La sua indiscutibile validità era già cosa nota da anni in ambito medico, ma che la tecnica diagnostica del verde di indocianina potesse rivelarsi una soluzione strategica anche per pazienti sottoposti a trapianto di fegato è il brillante frutto di un’intuizione davvero recente. La stessa che ha poi portato alla costruzione del primo studio pilota, da poco pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale PlosOne.

La ricerca dell’Università.

Alla base della pionieristica ricerca, avviata nel 2018 e risultato del lavoro sinergico tra Dipartimento di Area medica dell’Università di Udine e Azienda sanitaria universitaria Friuli Centrale, c’è l’intuizione di poter utilizzare il colorante biologico verde di indocianina – ICG, innocuo per l’organismo, anche su donatori e riceventi d’organo. Obiettivo, valutare e monitorare la funzionalità del fegato pre e post innesto, attraverso un unico esame non invasivo, e ridurre al minimo i rischi per il paziente destinato ad accogliere il nuovo organo, favorendone così una pronta e sicura ripresa e scongiurando anche le eventuali complicanze dovute ad un possibile rigetto.

Così si valuta subito l’esito del trapianto.

“Il trapianto di fegato è un processo delicato e complesso che espone l’organo ad una serie di indubbi rischi con importanti ripercussioni sulla sopravvivenza del paziente stesso”, spiega il dottor Vittorio Cherchi, della Clinica chirurgica Aufc e co-autore della ricerca, insieme al professor Luigi Vetrugno, la prima al mondo a mettere in evidenza l’associazione tra la variazione percentuale del verde di indocianina e la ripresa funzionale dell’organo nel post-trapianto. “Attraverso questa tecnica, già ampiamente nota eppure mai utilizzata in questo specifico ambito – prosegue Cherchi –, riusciamo dunque a valutare tempestivamente la condizione del fegato una volta trasferito, a capire quale sia stato l’impatto sull’organo della fase in cui è passato dal donatore al ricevente e a predirne il recupero”.

Condotto ad oggi su una casistica ancora limitata (36 misurazioni ICG-PDR tra 18 donatori e 18 riceventi, con un’età media rispettivamente di 51,5 e 56,3 anni), l’innovativo studio ha già suscitato forte interesse confermando ancora una volta l’Università degli Studi di Udine al passo con l’innovazione tecnologica e ai vertici della ricerca scientifica nazionale ed internazionale.