Le “ferite” della montagna friulana: i progetti criticati dagli ambientalisti

Nella Giornata della Montagna gli ambientalisti criticano alcuni progetti in Friuli.

In occasione della Giornata Internazionale della Montagna, gli ambientalisti hanno fatto il punto della situazione sul Friuli, criticando alcuni progetti che considerano “dannosi e sbagliati” per il territorio.

Quest’anno, infatti, il tema dell’edizione era il “Ripristino degli ecosistemi di montagna“, uno degli obiettivi delle Nazioni Unite al 2023, ma anche oggetto di una direttiva europea. Le Alpi sono uno “hot spot” del cambiamento climatico e, in molti territori, del declino demografico. Di converso, spiegano le associazioni, rimangono uno scrigno di bio e geodiversità, generatrici di molti servizi ecosistemici e di un mosaico di culture che per molto tempo si sono co-evolute con l’ambiente circostante e prodotto paesaggi che ancora oggi possiamo ammirare.

L’obiettivo, quindi, è ripristinare la natura delle terre alte dove questa è sofferente, senza nel contempo arricchire il degrado e il dissesto. Ed è in questo contesto che Legambiente, Italia Nostra, Mountain wilderness, Salviamo i sentieri 227 228 e WWF denunciano una serie di progetti realizzati e programmati “che si ritengono profondamente sbagliati e dannosi – spiegano le associazioni -, in quanto, a seconda dei casi, sottraggono valore e bellezza agli ecosistemi, aumentano i rischi di dissesto idrogeologico, ritardano i processi di adattamento alla crisi climatica”.

“E’ una battaglia – continuano -, che le associazioni hanno fatto con approccio basato sulla scienza (es. controrelazioni tecniche), sulla partecipazione dei cittadini (con gli scarponi e con le sottoscrizioni), sulla ricerca di interlocuzione, in alcuni casi con proposte di mediazione con le istituzioni (es. Lussari) e infine con ricorsi e segnalazioni alla giustizia amministrativa, contabile e penale”.

I progetti sotto accusa.

Strada forestale a 1600 mt tra Malga Tuglia e il Rifugio Chiampizzulon.

Metà di tale tracciato è stato concluso ancora in settembre 2023 – spiegano le associazioni -. La restante parte al momento risulta realizzata ma abbandonata a se stessa dopo essere stata chiusa. L’intero tracciato oggi, dopo pochissimi mesi dal rientro a valle delle ruspe, risulta travolto dalle colate detritiche lungo i canaloni noti e da cedimenti provocati proprio dai lavori stessi che non danno per il futuro nessun segno di arresto. E pensare che a luglio 2023 venne notificato al Prefetto competente la situazione di rischio estremo conseguente a eventi franosi di notevoli dimensioni verificatosi sul percorso”.

Strada forestale al Rifugio Grego.

“La carreggiata realizzata è larga 6 metri, certi tornanti scavati nella roccia misurano oltre 15 metri, tanto da poter ospitare due autocarri che si incrociano, dimensioni che superano i parametri progettuali – continuano gli ambientalisti -. Le scarpate a monte si estendono in maniera incomprensibile andando a erodere ulteriore spazio al bosco. In aggiunta e in aggravio l’opera interseca un franamento avente una superficie di oltre 2.000 metri quadrati, processo franoso che ancora oggi incombe sul settimo tornante della nuova strada. C’è seriamente da chiedersi quanto questa strada serva a migliorare la selvicoltura, considerato che buona parte dell’originario bosco di grandi e maestosi faggi, insieme alla distruzione di prezioso suolo forestale, se l’è mangiato la strada stessa“.

Strada al Rifugio Marinelli.

“Un altro progetto di viabilità era nato per collegare Casera Val di Collina e il Rifugio Marinelli, rifugio già servito da viabilità, con il nuovo tracciato parzialmente compreso all’interno di un sito di interesse comunitario e con versante sotteso al rifugio, lato Passo di Monte Croce, ripido e instabile. In seguito a varie opposizioni di cittadini, del Comune di Paluzza, delle associazioni e in seguito a controperizia geologica prodotta sui potenziali rischi specie sull’ultimo tratto, la strada è stata comunque realizzata. Il tratto finale di 650 m di arrivo al rifugio è stato risistemato contenendo la sezione e quindi si spera che ciò non permetta in futuro transito di automezzi”.

Secondo le associazioni, il filo rosso che collega i tre progetti è l’intenzione di aprire strade carreggiabili di collegamento fra vallate e territori allo scopo prevalente di richiamo turistico: “La nostra regione, però – continuano -, risulta di richiamo proprio per le sue caratteristiche di naturalità, buona sentieristica ed a una accoglienza in veri rifugi alpini. Inoltre, la tipologia delle vallate e delle montagne di questo arco orientale delle Alpi non permette opere di infrastrutture importanti, al di là di quelle già esistenti o a supporto giustificato dalla gestione forestale, senza incorrere a lavori fortemente impattanti nell’ambito del dissesto idrogeologico”.

Tra gli altri progetti criticati dall’associazione, ci sono la strada sul Lussari, realizzata per la tappa del Giro d’Italia, i progetti per le nuove piste da sci a Tarvisio e a Sella Nevea (che per gli ambientalisti sono anacronistici, considerando la crisi climatica e la riduzione delle precipitazioni nevose a quelle quote), e i cogeneratori Siot Tal a Paluzza, volti all’efficientamento del trasporto del greggio da Trieste all’Austria.