Investito da un’auto sul Carso, dopo le cure lo sciacallo Sergio torna in natura

Lo sciacallo Sergio è tornato in natura sul Carso.

È stato soccorso e curato, e ora può ritornare libero nella natura. Protagonista della vicenda è uno sciacallo dorato (Canis aureus), investito da un’auto lo scorso 29 marzo a San Martino del Carso.

L’esemplare, un maschio di età stimata di 24 mesi, è stato immediatamente trasportato presso il Centro di ricerca e coordinamento per il recupero della fauna selvatica, nella sede di Pagnacco dell’Azienda agraria “Antonio Servadei” dell’Università di Udine, grazie all’attività di coordinamento svolta dalla Direzione centrale risorse agroalimentari, forestali e ittiche della Regione Friuli Venezia Giulia. L’animale, visitato da Stefano Pesaro, medico veterinario responsabile del Centro di recupero dell’Ateneo di Udine, e sottoposto ad accurati accertamenti per escludere fratture o altre lesioni traumatiche gravi, si presentava sofferente, iperattivo e gravemente ipovedente.

Dopo due giorni di completo deficit visivo (cecità completa transitoria), Sergio – così soprannominato dal nome dell’operatore della ditta Arca che si occupa del recupero della fauna nel territorio dell’ex provincia Gorizia – ha ripreso la vista, condizione che ne ha permesso il rilascio, nella zona dov’era stato recuperato.

Nel periodo di degenza presso la struttura universitaria l’animale è stato stabilizzato e sottoposto a terapia specifica per quadri riconducibili a fenomeni traumatici cranici. È stato inoltre esaminato per indagini sanitarie in collaborazione con l’Istituto Zooprofilattico delle Venezie, sezione di Basaldella, e della Clinica Campo Marzio di Trieste.

Prima del rilascio, per seguire gli spostamenti dell’animale e per studiare il suo comportamento, i ricercatori del DI4A dell’Università di Udine hanno dotato Sergio di un radio collare satellitare. Dopo i primi i giorni di rilascio, dai dati di telemetria, ovvero dai movimenti descritti dal collare, Sergio appare in buona salute, e ogni notte si muove per diversi chilometri sull’altopiano carsico.

Sergio è il terzo sciacallo soccorso in Italiail secondo curato e rilasciato a seguito della convalescenza presso il Centro di recupero dell’Ateneo friulano, dopo Alberto, anch’esso recuperato a seguito di un investimento stradale nel 2019, e che ancora vive tra la Val Resia e il Canal del Ferro. Il collare di cui era stato dotato Alberto, ha permesso infatti di studiare i suoi movimenti lungo il Tagliamento, il Fella e le zone Prealpine circostanti.

“A oggi – ricordano Stefano Filacorda, coordinatore dei progetti di ricerca sulla fauna selvatica dell’Università di Udine, e Stefano Pesaro – la causa di maggior mortalità riscontrata per questa specie in Italia è legata agli incidenti sulla rete viaria, che nel solo 2021 in Friuli Venezia Giulia ha portato alla morte di ben 6 individui. Questa specie rara sul territorio italiano, con una popolazione di poche centinaia di individui, risulta essere ancora poco nota nei suoi comportamenti ed esigenze ecologiche».

Il monitoraggio di Sergio, grazie al collare.

Il collare satellitare e radio di cui è stato dotato Sergio, con sensore di attività, della ditta Vectronic, modello vertex lite, dovrebbe permettere di raccogliere circa 800-1.200 punti di localizzazione, per un periodo di circa 8-12 mesi, fornendo così ai ricercatori una descrizione del territorio frequentato dallo sciacallo e gli eventuali movimenti di dispersione.

Lo staff di recupero e cura dell’animale.

Al recupero dell’animale investito hanno partecipato: Sergio Hlacia della ditta Arca, Stazione di Forestale di Gorizia e Monfalcone. Le valutazioni sanitarie sono state condotte da Stefano Pesaro, medico veterinario, e Paola Beraldo, ricercatrice e parassitologa del DI4A dell’Ateneo di Udine, Marco Bregoli, medico veterinario dell’Istituto Zooprofilattico delle Venezie, sezione di Basaldella e della Clinica Campo Marzio di Trieste. Il rilevamento radio telemetrico è condotto da Stefano Filacorda con il tecnico Andrea Madinelli, il dottorando di ricerca Marcello Frangini, e dall’assegnista di ricerca Lorenzo Frangini, tutti del DI4A dell’Università di Udine.