Pignoramenti sui conti correnti più veloci, verso la riforma del Fisco

Il piano del Ministero dell’Economia.

Sono quasi un trilione di euro i solleciti di pagamento che si trovano nei magazzini del Fisco e non ancora riscossi. Un’ingente somma di denaro che il Ministero dell’Economia deve recuperare, anche se, per la maggior parte, è da considerarsi persa. Si rende quindi necessaria una riforma ed è il ministero stesso ad avanzare una proposta di riforma chiedendo di rendere più “incisivi” gli strumenti a disposizione del Fisco. Un esempio è l’utilizzo più efficace delle banche dati sui conti correnti per un pignoramento rivolto ai debitori d’imposta.

La richiesta.

Nel documento presentato dal Ministero dell’Economia si legge che uno dei problemi principali sia l’inefficacia dei pignoramenti, perché i conti correnti dei debitori sono insufficienti o non hanno un saldo positivo. Per questo motivo e per effettuare una verifica in modo preventivo di coloro che abbiano dei rapporti finanziari importanti, le autorità fiscali chiedono di avere accesso all’anagrafe delle rendicontazioni finanziarie. Questo eviterebbe l’attività di controllo manuale che richiederebbe molto tempo.

Per implementare il sistema, secondo il ministero sarebbe necessario obbligare le banche a trasmettere con scadenza mensile i codici Iban dei clienti alle Agenzia delle Entrate per erogare eventuali rimborsi e contributi. Così, nella necessità di pignoramento, quel conto avrà saldo positivo. La situazione attuale prevede la trasmissione dei saldi dei conti correnti da parte delle banche all’anagrafe dei conti correnti una sola volta l’anno: per il fisco questo significa avere dati troppo vecchi.

Il progetto di riforma prevede anche la possibilità da parte del fisco di utilizzare anche le informazioni presenti nella banca dati della fatturazione elettronica. Questo darebbe la possibilità di azioni mirate per procedure di preclusione dei rapporti commerciali intrattenuti dal debitore con i terzi. Infine, il ministero ha proposto al Parlamento l’estinzione automatica dei crediti inesigibili dopo un determinato periodo di tempo, che potrebbe essere di cinque anni.

L’intervento.

Questa riforma sarebbe più efficace se ci fosse una maggiore integrazione, se non una fusione, tra l’Agenzia delle Entrate e Riscossione. L’accorpamento aiuterebbe la semplificazione della governance, eliminando la duplicazione degli organi collegiali, come i comitati direttivi e collegi sindacali. Anche i cittadini ne traerebbero vantaggi: si rivolgerebbero ad un solo interlocutore e, in caso di contenzioso, non sarebbero costretti a citare in giudizio sia l’Agenzia delle Entrate e sia l’Agenzia di Riscossione.