I Cjarsons friulani vanno assaggiati almeno una volta nella vita, parola di Cnn

I Cjarsons sono da assaggiare almeno una volta nella vita, lo dice la Cnn.

I cjarsons friulani sono da assaggiare almeno una volta nella vita. Lo ha detto nientemeno che la Cnn, emittente televisiva statunitense, inserendo gli “agnolotti” della tradizione friulana, conosciutissimi anche all’estero, nel suo elenco dei 30 piatti italiani da assaggiare almeno una volta nella vita.

I cjarsons sono tipici della Carnia, una zona a nord della Regione; e ne esistono tutt’ora oltre trenta varietà, date dalla differenza di dimensioni ed ingredienti. Nonostante oggi esista il “cjarson salato” ripieno alla carne, quelli più tradizionali prevedono al loro interno un mix di erbe spontanee, patate, uvetta, cannella; il tutto condito con burro fuso e ricotta affumicata.

Oggi l’impasto viene fatto con farina ed acqua mentre un tempo venivano usate le patate che venivano abbondantemente coltivate nei campi.

La leggenda.

Un’antica leggenda della Carnia racconta che un giorno il Guriùt, un folletto molto goloso, fu sorpreso dalla padrona di casa a rubare la panna che affiorava dal latte appena munto. Il folletto, forse pentito, decise di risarcire la donna insegnandole la ricetta dei cjarsòns, i ravioli simbolo della zona montana del Friuli.

La derivazione del nome.

Il loro nome sembrerebbe derivare da calisson e di cui si trova traccia nel XIV secolo, usato allora per definire un dolcetto di marzapane della medesima forma di questa particolare pasta ripiena.

In realtà, l’origine è legata ai cramârs, i venditori ambulanti di spezie che, dal 1700, attraversavano a piedi le Alpi per vendere nei paesi germanici i prodotti esotici e caratteristici che portavano da Venezia e che venivano riposti nella crassigne, una piccola cassettiera di legno che portavano come zaino sulle spalle. Quando tornavano a casa le donne preparavano i cjarsons, agnolotti di pasta di patate con ripieno a base di ricotta impastata con una ricchissima varietà di ingredienti: spezie, frutta secca, uva sultanina, aromi orientali, erbe aromatiche, ovvero tutto ciò che rimaneva ai mariti nel fondo delle crassigne.

Un paese gli dedica una festa.

Ai primi di giugno, la Pro loco di Sutrio, un paesino dell’alta valle del Bût, organizza una festa interamente dedicata a questo piatto povero proponendo le differenti versioni che vengono proposte nei vari paesi della Carnia, come Ravascletto, Paularo, Ovaro, Cercivento e molti altri.

La ricetta tradizionale.

  • Per preparare il ripieno dei cjarsons: lessare le patate. Una volta cotte, ridurle in purea con uno schiacciapatate. Sbollentare le bietine, strizzarle e tritarle con il coltello assieme alle erbe aromatiche.
  • Mescolare le patate assieme alle bietine e alle erbe, alla ricotta, al cacao, un pizzico di cannella e insaporire con sale e pepe. Lasciare riposare.
  • Per preparare la pasta: radunare la farina in una ciotola, aggiungere un pizzico di sale e un cucchiaino d’olio extravergine di oliva. Aggiungere l’acqua tiepida necessaria fino al raggiungimento di un composto liscio. Lasciarlo riposare per 30 minuti ricoperto.
  • Infarinare la spianatoia e, aiutando con un mattarello, tirare una sfoglia molto sottile. Ritagliare una forma tonda dal diametro di 5 – 6 cm circa. Riporre al centro di ogni cerchio di pasta 1 cucchiaino di ripieno. Ripiegare a metà e sigillare premendo con le dita a formare una mezzaluna.
  • Portare a ebollizione abbondante acqua salata e cuocere.
  • A parte preparare il condimento: fondere del burro e quando comincerà a sfrigolare aggiungere la farina di mais e mescolare. Una volta che il mais avrà acquistato un color nocciola, spegnere il fuoco e condire a piacere.