“Musulmani troppo vestiti per fare il bagno”: a Monfalcone scoppia la polemica

La lettera del sindaco di Monfalcone sull’abbigliamento in spiaggia.

Bagnanti troppo vestiti in acqua a Marina Julia. Il sindaco di Monfalcone Anna Maria Cisint annuncia “provvedimenti” contro il burkini, costume utilizzato dalle donne musulmane per fare il bagno. In una lettera la prima cittadina ha spiegato i motivi della decisione, che ha scatenato

La lettera aperta del sindaco.

“La spiaggia di Marina Julia è diventata in questi anni una degli arenili più apprezzati della regione per il turismo delle famiglie e degli appassionati degli sport del mare.  Gli ingenti investimenti effettuati per la dotazione di strutture, il ripascimento della spiaggia e lo sviluppo dei servizi fanno del nostro litorale un punto di attrazione sempre più apprezzato, con un numero, sempre crescente, di migliaia di presenze registrate ogni settimana. 

Considerato questo, diventa inaccettabile il comportamento degli stranieri musulmani che entrano abitualmente in acqua con i loro vestiti: una pratica che sta determinando sconcerto nei tanti bagnanti e in coloro che affollano le spiagge di Marina Julia e Marina Nova e che crea insopportabili conseguenze dal punto di vista della salvaguardia del decoro di questi luoghi, apprezzati per la cura, l’attenzione e la pulizia che li caratterizzano.  Chi viene da realtà diverse dalla nostra ha l’obbligo di rispettare le regole e i costumi che vigono nel contesto italiano e locale. 

Non possono essere accettate forme di islamizzazione del nostro territorio, che estendono pratiche di dubbia valenza dal punto di vista del decoro e dell’igiene, generando il capovolgimento di ogni regola di convivenza sociale. Ciò vale con ancora maggior ragione quando si intaccano e si compromettono le prospettive di una città che – anche attraverso la riqualificazione dei suoi arenili – ha assunto una dimensione turistica consolidata, riconosciuta fra le località marine italiane. 

Comportamenti lesivi della rispettabilità e della dignità necessaria nella frequentazione di questi luoghi pubblici incidono negativamente nell’attrattività e nelle ricadute per i gestori dei servizi. Ritengo, dunque, per le evidenti ragioni di rispetto del decoro richiesto nei comportamenti di chi si reca in questi luoghi, la pratica di accedere sull’arenile e in acqua con abbigliamenti diversi dai costumi da bagno debba cessare e intendo applicare questi principi con un apposito provvedimento a tutela dell’interesse generale della città e dei nostri concittadini.

Peraltro, questo inaccettabile comportamento si colloca in un contesto nel quale si riscontrano sempre maggiori lesioni alle norme, ai principi e alle forme che sovrintendono la vita comunitaria, rischiando in tal modo di allargare la frattura nei rapporti fra la grande maggioranza dei monfalconesi e la componente islamica. Mi riferisco, fra l’altro, alla sempre maggior presenza in città di donne con il burqa, con la integrale copertura del viso che impedisce ogni identificazione ed è evocativo di una visione integralista, che fa parte anche questa della volontà di non rispettare regole e norme dei Paesi di arrivo, in particolare della componente proveniente dal Bangladesh, che registra la presenza più numerosa tra gli stranieri residenti in città.

L’Amministrazione comunale non può consentire che si sviluppi “una città nella città” con regole diverse dalle leggi vigenti nel nostro Paese e dal comune sentire della stragrande maggioranza dei nostri concittadini, determinando in tal modo una sorta di “discriminazione all’incontrario” e sarà rigorosa nel far rispettare le disposizioni comunali e nel pretendere dalle grandi realtà produttive, a cominciare da Fincantieri, un diverso governo dei flussi. L’arrivo incontrollato di lavoratori provenienti dai Paesi più poveri che genera oltretutto forme di dumping diffuse soprattutto nei subappalti e che ha scaricato sul territorio le relative conseguenze di carattere sociale, sanitario, abitativo, scolastico e occupazionale, deve essere profondamente rivisto”.

Le polemiche.

Capozzi. “Dichiarazioni che alimentano la polemica”.

“Dichiarazioni come quelle fatte dalla sindaca di Monfalcone, Anna Maria Cisint, possono alimentare tensioni tra la comunità musulmana e il resto dei cittadini“. Lo sostiene, in una nota, la consigliera regionale del Movimento 5 Stelle Rosaria Capozzi.

“Come si può pensare di integrare queste cittadine, spesso connazionali, vietandogli di fare il bagno in mare solo perché indossano un burkini?” si interroga la pentastellata. “Queste considerazioni, onestamente, sono del tutto inopportune e pericolose. Quello del burkini – ha sottolineato Capozzi – è un tema utile solo ad alimentare odio e diffidenza verso le donne musulmane occidentali”.

“Va aggiunto, inoltre, che con la circolare del 24 luglio 2000, il Ministero dell’Interno ha precisato che il turbante, il chador e il velo, imposti da motivi religiosi, “sono parte integrante degli indumenti abituali e concorrono, nel loro insieme, ad identificare chi li indossa, naturalmente purchè mantenga il volto scoperto”.

“Pertanto tali accessori- conclude la consigliera – sono ammessi, anche in ossequio al principio costituzionale di libertà religiosa, purchè i tratti del viso siano ben visibili. Mi auguro quindi che, alle parole scomposte della sindaca Cinsit, non faccia seguito nessuna ordinanza”.

Patto per l’Autonomia: “Dichiarazioni assurde”.

“Le dichiarazioni della sindaca di Monfalcone sarebbero semplicemente ridicole e assurde se non fosse per il fatto che arrivano da una rappresentante delle istituzioni e da una delle figure di spicco del principale partito di Maggioranza in Consiglio regionale”. Così, in una nota, il capogruppo del Patto per l’Autonomia-Civica Fvg Massimo Moretuzzo e i consiglieri regionali Enrico Bullian e Giulia Massolino.

“Un tempo – continuano Moretuzzo, Bullian e Massolino – c’erano le battaglie dei benpensanti contro il topless, ora ci troviamo davanti alla lotta di una sindaca contro chi in spiaggia ci va troppo vestito: siamo davvero al paradosso. Per ottenere un po’ di visibilità, evidentemente in calo viste le performances del ministro-segretario Salvini, la Lega nostrana non trova nulla di meglio da fare che continuare a prendersela con le persone immigrate, anche utilizzando motivi futili e pretestuosi come quello dell’abbigliamento in spiaggia”.

“Abbiamo alcune domande da fare alla sindaca – proseguono gli esponenti del gruppo politico di Opposizione – e ai suoi colleghi di partito: ci piacerebbe sapere, per esempio, se il divieto di andare in spiaggia vestiti varrà solo per i musulmani o anche per tutti gli altri ‘foresti’. Una famiglia scandinava che decide di andare al mare a Marina Julia potrà rimanere vestita in spiaggia per proteggere la pelle chiara dal sole? O sarà destinata alle scottature? O ancora: le suore dei monasteri presenti in Friuli-Venezia Giulia saranno ammesse alla spiaggia o per accedervi dovranno rinunciare ai voti e spogliarsi come le persone ‘perbene’?”.

Pellegrino: “Ancora parole razziste”

“Monfalcone torna alla ribalta della cronaca nazionale per l’ennesima dichiarazione razzista della sindaca leghista Anna Maria Cisint che vuole imporre ai bagnanti musulmani di utilizzare il costume per non meglio precisati motivi di decoro e igiene. Se Cisint ci tiene all’igiene delle acque di Marina Julia si preoccupi degli sversamenti di carburante in mare, come successo ad agosto 2022 con relativo divieto di balneazione”. Lo afferma in una nota, condivisa dai colleghi di partito, la consigliera regionale di Alleanza Verdi e Sinistra, Serena Pellegrino.

“Alla sindaca non interessa nulla  – aggiunge la consigliera – dei diritti dei lavoratori, italiani e stranieri, nei cantieri Fincantieri e nei relativi subappalti, preferisce fare battaglie ideologiche degne di Stati teocratici come Isis. In Italia, Paese democratico, si può fare il bagno come si vuole. Se non le va bene, cambi Paese”.