Alla Barcolana la prima parziale esposizione dello scheletro.
Sono iniziate questa settimana, nella zona portuale di Trieste dove era stata affondata quasi un anno fa, le operazioni di recupero dei resti della balenottera comune di 10 metri rivenuta sotto i pontili di Porto San Rocco a Muggia il 30 agosto 2024. A coordinare le operazioni i ricercatori dell’Area Marina Protetta di Miramare, supportati dalla Capitaneria di Porto di Trieste e dal Nucleo Sommozzatori della Stazione Navale della Guardia di Finanza di Trieste.
Nonostante la ridottissima visibilità a quasi 20 metri di profondità, gli operatori tecnici subacquei di Shoreline di stanza a Miramare, supportati dal personale subacqueo e da due mezzi nautici della Guardia di Finanza, sono riusciti a riportare in superficie buona parte della colonna vertebrale dell’esemplare, dalla coda fino alle prime vertebre cervicali. Molto rilevante da un punto di vista scientifico anche il recupero dei fanoni della balena, che nelle settimane scorse erano stati trasportati in un luogo più sicuro nei pressi di Miramare, per evitare il rischio che andassero dispersi.
Una volta raggiunto il porto di Grignano, i reperti sono stati subito presi in consegna dai veterinari del Dipartimento di Biomedicina Comparata ed Alimentazione dell’Università di Padova, che avranno il compito di ricomporre i resti e dare così una “seconda vita” alla sventurata balenottera, con un primo ambizioso obiettivo: la ricostruzione parziale dello scheletro e la sua esposizione a Barcolana 2025.
Le immersioni di ricerca
Dalla morte della balena e dalla scoperta di fine agosto, ci è voluto dunque quasi un anno affinché i suoi resti fossero pronti per essere estratti.
Nei mesi scorsi gli operatori tecnici subacquei di Shoreline e ricercatori di Miramare si sono immersi più volte per verificare l’avanzamento della decomposizione dei tessuti molli dell’animale. L’ultima immersione a marzo aveva evidenziato che buona parte del corpo, per degradazione naturale o per predazione, si era ormai decomposto. Mancava perciò davvero poco.
Questa settimana dunque, l’avvio delle operazioni di recupero, che tuttavia non finiscono qui: le pinne pettorali (le cosiddette “mani”), la testa e altre ossa giacciono al sicuro ancora in fondo al mare e, anche se in parte ancora ricoperte da tessuti molli, dovranno essere a breve recuperate per poter ricomporre lo scheletro nella sua interezza.
Grazie alla convenzione stipulata dalla Fondazione WWF con l’Università di Padova, man mano che i resti saranno estratti verranno affidati ai veterinari dell’ateneo patavino, con un passaggio di consegne tra due enti dotati della necessaria autorizzazione CITES (Convenzione sul Commercio Internazionale delle Specie di Fauna e Flora Selvatiche Minacciate di Estinzione) che consente di detenere, manipolare e trasferire e specie selvatiche protette e i loro resti.
L’esposizione a Barcolana
Nei prossimi due mesi, i veterinari avranno dunque il compito di preparare alcune parti della colonna vertebrale per la loro esposizione alla 57esima edizione di Barcolana: sarà un’occasione unica per la città di Trieste, ma anche per le migliaia di visitatori che affolleranno il Villaggio Barcolana, di vedere da vicino i resti della sventurata balenottera e di saperne più sulla sua storia e in generale sullo stato di conservazione del più grande mammifero del Mediterraneo, che solo in pochissime occasioni ha raggiunto il Golfo di Trieste e la cui sopravvivenza è sempre più minacciata.
La musealizzazione finale
“In questi mesi – rivela il direttore dell’AMP Miramare Maurizio Spoto – abbiamo avviato dei contatti con il Comune di Trieste per una possibile musealizzazione finale dell’esemplare presso il futuro Museo di Storia Naturale in Porto Vecchio, ma in questa fase tutte le ipotesi restano ancora aperte. L’obiettivo è individuare la soluzione migliore per garantire alla balenottera del Golfo una “seconda vita” che sappia emozionare le generazioni presenti e future con la meraviglia di questi giganti del mare e trasmettere l’importanza della loro tutela e conservazione”.
La soddisfazione per il risultato dell’intervento è stata espressa anche da parte dalle forze dell’ordine coinvolte, secondo cui questa prima fase si inserisce in una più ampia progettualità volta al recupero e alla valorizzazione dei resti della balenottera e costituisce un virtuoso esempio di sinergia operativa e collaborazione tra vari Enti ed Istituzioni, quali Guardia di Finanza e Capitaneria di Porto. Il tutto a beneficio della comunità scientifica e della collettività.