Problemi nella sala autopsie di Udine, salme congelate o putrefatte e indagini a rischio

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Due casi in pochi giorni. Due salme, due autopsie fondamentali per fare luce su altrettanti episodi giudiziari, entrambe ostacolate – e forse compromesse – da gravi malfunzionamenti nella sala settoria del cimitero San Vito di Udine.

Il primo episodio ha riguardato una delle inchieste più delicate e scioccanti degli ultimi tempi: l’omicidio di Alessandro Venier, l’uomo ucciso e fatto a pezzi dalla madre e dalla compagna a Gemona del Friuli. In quell’occasione, i resti non erano stati estratti in tempo dalla cella frigorifera e sono stati consegnati ai periti ancora congelati, ritardando così l’esecuzione dell’autopsia.

Ma il secondo caso, appare ancora più grave. Doveva essere eseguito l’esame autoptico su un uomo di 69 anni, deceduto il 9 agosto, un mese dopo essere stato investito da un’auto. I familiari, assistiti dall’avvocato Nicola Piovano Franz, avevano chiesto alla Procura di verificare un possibile nesso tra il decesso e l’incidente o le cure ricevute in ospedale. L’autopsia, affidata al medico legale Antonello Cirnelli e alla presenza dei consulenti delle parti, non è mai iniziata: al momento dell’apertura del sacco mortuario, la salma era in avanzato stato di putrefazione. Un deterioramento tale da rendere, secondo i periti, probabilmente impossibile risalire alle cause della morte.

A questo punto, la situazione rischia di portare ad una inchiesta vera e propria. La Procura di Udine avrebbe già avviato accertamenti per chiarire le cause dei disservizi e stabilire eventuali responsabilità, mentre la famiglia del 69enne valuta un’azione giudiziaria contro il Comune di Udine.