La protesta degli agricoltori in Friuli, 70 trattori in corteo per le vie di Udine

La protesta degli agricoltori a Udine.

Sono stati circa una settantina i trattori che oggi, 29 gennaio, hanno sfilato lungo le vie di Udine: la protesta degli agricoltori, infatti, è arrivata anche in Friuli, in un corteo autogestito partito stamane da viale Vat e dallo Stadio e confluito poi in Piazza Primo Maggio.

La protesta, che ha preso di mira sindacati, istituzioni, ma soprattutto le politiche europee, si è svolta senza alcun problema, tranne qualche disagio alla circolazione, e si è sciolta poco dopo. Nel mirino degli agricoltori, come detto, ci sono in particolare alcune decisioni comunitarie, come l’obbligo di lasciare a riposo una quota di terreno in ogni stagione e l’imposizione del cambiamento periodico delle coltivazioni. Un punto critico, in Friuli, dove la coltivazione è dedita soprattutto al mais. A preoccupare, però, ci sono anche i rialzi generalizzati dei prezzi.

“I cortei di trattori che percorrono le strade regionali, italiane ed europee, sono il sintomo di un disagio reale. Un disagio che Cia-Agricoltori Italiani ha già portato in piazza, a Roma, il 26 ottobre scorso (ma lì, quelli dei trattori non c’erano…), sotto lo slogan: “Prezzi alle stelle, agricoltori più poveri” commenta Franco Clementin, presidente di Cia Fvg–Agricoltori italiani.

“Purtroppo, tra l’altro, constato che la composizione di questi cortei e la qualità dei manifestanti pare comprenda anche vari soggetti che poco o nulla c’entrano con l’autentico mondo rurale e le sue giuste rivendicazioni. Indubbiamente, per la prima volta, l’Unione Europea ha messo pesantemente sotto accusa il comparto agricolo (dal Regolamento sul taglio dei fitofarmaci, alla Direttiva sulle emissioni industriali che le equiparava a quelle degli allevamenti e alla Legge sul Ripristino della natura) creando un malcontento del quale, francamente, non si sentiva il bisogno”.

“In questo modo – continua Clementin -, la Commissione europea ha sbagliato il tiro, seguendo un modello errato, perché la transizione ecologica si fa con gli agricoltori non contro di essi. Senza l’adesione convinta degli agricoltori e dell’intero sistema agroalimentare, qualsiasi prospettiva di neutralità climatica diventa irrealizzabile. Comunque, gli imprenditori agricoli organizzati nelle loro associazioni, hanno sempre mantenuto un rapporto critico sì, ma anche costruttivo con le istituzioni che governano e dettano le regole al settore primario e a quello agroalimentare – prosegue Clementin -. Ora il punto è capire dove si vuole andare a parare“.

I sindacati agricoli accreditati, senza ombra di dubbio, sono significativamente rappresentativi e hanno una base sociale che produce la gran parte delle materie prime che finiscono sulle nostre tavole e negli impianti della trasformazione alimentare. Serve perciò non disperdere energie e non avere distrazioni sugli obiettivi da raggiungere: l’equo compenso nelle filiere; più limiti all’agrisolare a terra; un Piano strategico per la gestione delle risorse idriche; una Pac meno punitiva e più incentivante; una regolamentazione dell’uso dei fitofarmaci più realistica e centrata sulle diverse esigenze colturali e climatiche; uno sfoltimento significativo della burocrazia”.

“Lo si può fare in maniera concreta – conclude -, predisponendo con urgenza, cosa che la Cia ha sempre chiesto, dei Tavoli unitari di confronto, partendo dalle nostre comunità regionali e nazionali. Più che trattori in strada, dunque, servono idee nuove, proposte concrete e soluzioni rapide e giuste evitando di far crescere ulteriormente la rabbia e il malcontento nelle campagne», conclude il presidente regionale”.