Sarebbe 84 le persone che, tra il 2018 e il 2024, avrebbero ottenuto la residenza anagrafica a Moggio Udinese in modo fittizio, come passaggio per acquisire la cittadinanza italiana attraverso il principio dello ius sanguinis. I brasiliani, che dichiarano presunte discendenze italiane avevano tutti infatti fissato la residenza in due abitazioni del centro storico del paese. La Procura della Repubblica di Udine ha iscritto sei persone nel registro degli indagati, tra cui l’ex sindaco Giorgio Filaferro, accusate a vario titolo del reato di falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici.
Il sospetto e l’indagine
A insospettire i militari dell’Arma è stato un insolito afflusso di cittadini di origine brasiliana che, nel giro di pochi anni, chiedevano la residenza negli stessi due immobili, senza però dimorare realmente nel comune. Un’anomalia difficile da ignorare per una comunità così ristretta.
Le indagini hanno portato alla luce un vero e proprio giro d’affari da mezzo milione di euro. Il tutto ruotava attorno alla possibilità di ottenere con facilità il passaporto italiano, molto ambito per le sue possibilità di accesso e permanenza in numerosi Paesi del mondo.
Il meccanismo: dalla finta residenza al passaporto
Il sistema, secondo gli inquirenti, si basava su una rete di intermediazione ben strutturata, al cui centro figurano due presunti intermediari: un 61enne di origine albanese residente a Cassola, e un 54enne brasiliano domiciliato a Valbrenta.
I due offrivano veri e propri pacchetti “chiavi in mano”, chiedendo oltre 6.000 euro per ogni pratica. Il servizio comprendeva la predisposizione di affitti trimestrali fittizi nelle due abitazioni di Moggio Udinese, la produzione della documentazione necessaria — in parte ritenuta falsa dagli investigatori — e l’organizzazione di brevi viaggi in Italia, talvolta di appena due o cinque giorni, utili a certificare formalmente la presenza dei richiedenti. In alcuni casi, pagando un supplemento, l’intera procedura veniva portata a termine senza che gli interessati si spostassero dal Brasile.
Grazie alla complicità di alcuni dipendenti comunali, secondo le accuse, le richieste venivano accolte senza particolari verifiche, malgrado evidenti incongruenze nei documenti presentati. Una volta ottenuta la cittadinanza, i beneficiari trasferivano la residenza all’estero.
Gli indagati
Sono sei le persone finite al centro dell’inchiesta condotta dai carabinieri, accusate a vario titolo del reato di falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici. Oltre all’ex sindaco e ai due intermediari ci sono ex dipendenti comunali della precedente amministrazione comunale.
Un business internazionale
I proventi dell’attività illecita, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, sono stati versati su conti esteri – principalmente in Irlanda, Regno Unito e Brasile – sfuggendo così anche a eventuali controlli fiscali italiani. Una rete estesa, insomma, che ha trasformato un piccolo borgo friulano in una porta d’ingresso privilegiata per l’Europa.




